Di tutti i locali, di tutte le città del mondo, proprio nel mio doveva entrare?

La nostra risposta alla domanda che si pone Humphrey Bogart è: assolutamente sì! Perché se Ingrid Bergman non fosse mai entrata nel Rick’s Café Américain, noi non avremmo mai visto Casablanca. Non un semplice film che risiede, tra i tanti, nell’affollato impero Hollywoodiano, ma il cult per antonomasia, forse il film più citato di sempre. Basti pensare al fatto che Woody Allen ha imbastito un‘opera teatrale, Play It Again Sam, da cui è stato tratto l’omonimo film, proprio sul personaggio di Bogart in Casablanca, citandone nel titolo una delle battute più celebri. Difficile del resto trovare un altro film in cui siano presenti così tante battute scolpite nell’immaginario cinefilo collettivo come in Casablanca. E se un inguaribile cinefilo come Allen ha mostrato tanto trasporto per un film, un motivo ci sarà.
Presentato in Piazza Maggiore da una raggiante Isabella Rosellini, il film fa parte della rassegna che il Cinema Ritrovato ha dedicato quest’anno a Ingrid Bergman, protagonista assoluta anche della locandina del Festival con un’immagine tratta proprio da Casablanca.
Emozionante il sommesso boato generale della piazza, gremita di spettatori, di fronte all’entrata in scena di Bogart: giacca bianca, sigaretta tra le dita, intento a giocare una partita a scacchi con sé stesso. Irresistibile nel suo burbero e disinvolto cinismo, non tarderà a mostrare un inaspettato lato romantico, struggendosi per l’unico grande amore della sua vita sulle note di As Time Goes By.

L’aura mitica che riveste tutto il film è palpabile e, dopo 73 anni dalla sua uscita nelle sale, la magica intesa che lega Bogart e la Bergman risulta inalterata: in un incastro perfetto, il cupo disincanto di lui viene illuminato dal candido splendore di lei, ancora una volta.
In una storia in cui si mescolano lingue e culture diverse, dove ogni giorno si consumano intrighi e sotterfugi e dove la guerra sembra decidere il destino delle persone, emerge con prepotenza una storia d’amore carica di pathos. Dopo tutto, il resto è solo un pallido sfondo: il vero fulcro del film è il triangolo amoroso che vede la Bergman sospesa tra due fuochi. Da una parte, l’amore della sua vita incarnato da Bogart, dall’altra, il senso del dovere impersonato dal marito (Paul Henreid). L’arrivo dei due coniugi a Casablanca rappresenta un punto di svolta per le vite dei tre protagonisti e per una storia alla quale “manca ancora il finale”, una battuta pronunciata da Bogart, che rappresenta la verità nella finzione. Si narra infatti che durante la lavorazione del film gli stessi attori, fino all’ultimo, non furono a conoscenza di quale sarebbe stato l’epilogo: chi avrebbe scelto Ilsa, il mai dimenticato Rick o il premuroso Laszlo?

Ormai il finale lo conosciamo tutti, o quasi, e se Rick e Ilsa avranno per sempre Parigi, noi avremo per sempre Casablanca.

Barbara Monti