Ecco il nuovo restauro del cult diretto da Dino Risi nel 1962: appuntamento con Piazza Maggiore a Bologna, martedì 21 giugno, alle ore 21.45. Restaurato in 4K da Cineteca di Bologna e Istituto Luce – Cinecittà in collaborazione con Surf Film, RTI, Lyon Film e LCJ Productions presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, Il sorpasso inaugura l’omaggio a Dino Risi nel centenario della nascita.  La serata avrà un’ospite speciale: l’Aurelia B24 convertibile del 1956 guidata da Vittorio Gassman, auto entrata nell’immaginario cinematografico mondiale. La serata è infatti promossa da FCA (Fiat Chrysler Automobiles) Heritage, C.A.R. e Lancia, mentre a portare la mitica Aurelia sarà il collezionista Adalberto Beribè. Per questo motivo sul nostro sito ospitiamo alcuni materiali critici e d’epoca che partono proprio dai mezzi di locomozione…

Sul Sorpasso è stato scritto e detto di tutto e si sa quasi tutto. Ma in testa o in coda alle questioni omeriche (chi inventò cosa e quando?), vorrei aggiungere due o tre cose sull’aspetto meno indagato della pellicola di Risi: le Aurelie B24 convertibili. Uso il plurale perché erano due. Una turchese ammaccata (e stuccata alla bell’e meglio) da Gassman nel weekend prima dell’inizio delle riprese, l’altra sul rosa, dal cruscotto totalmente diverso dalla prima, con un piccolo vano per l’autoradio. Se vedete il film con attenzione, le differenze saltano agli occhi, confermandoci che la vettura era ‘già’ quasi obsoleta. Era un modello del 1956, un milione e otto all’epoca. Un botto, ci si compravano quattro televisori. Questa spider all’epoca del film non era da ‘riccastro vippone lancista’, ma da vitellone bidonista ‘ganassa’, da ‘bruciabaracche’, ‘voglio ma non posso’. Una perfetta fanfaronata, come recita il titolo francese: anche la tromba del clacson è doppiata, aggiunta in postproduzione. Al Museo dell’auto di Torino mi hanno spiegato che questa Aurelia a cinque marce simbolizza bene lo sbarco mancato sul mercato americano: 150 Aurelie dormono in fondo al mare nella pancia dell’Andrea Doria. Il film di Risi e Scola fu invece il prototipo di un road movie diverso, alla Easy Rider.

(Tatti Sanguineti)

 

È un film felice, girato in sei settimane, poi improvvisato per un altro trenta per cento nel doppiaggio, ma insomma tutto riuscito. Un film anche con una gran fortuna e con grande gioia espressiva, e rappresentava tra l’altro, come credo pochi altri film, l’aria di quell’Italia dell’epoca, quest’euforia già venata dai primi brividi di preallarme, dai primi campanelli angosciosi, di cui il finale era un dosatissimo annuncio. Funzionò l’amalgama del mio personaggio (un giovanottaccio aggressivo e accattivante) con la malinconia e il riserbo di Jean-Louis Trintignant; funzionò il simbolo della rombante vettura sport che lanciava il nostro tandem sulle strade di un’Italia al culmine dell’euforia economica, della follia palazzinara e canzonettistica, del boom e della volgarità.

(Vittorio Gassman)

 

Il personaggio di Gassman era quello di un velleitario, un incostante, un superficiale, aggressivo, un po’ fascista, ma con una sua forza d’urto, e avevo avuto in mentequalche persona di mia conoscenza nel costruirlo. All’inizio pensavamo che Trintignant dovesse ribellarsi a Gassman, ma insomma poi, ragionandoci, il finale era più giusto. Trintignant me l’avevano offerto e non lo volevo, poi me lo hanno fatto conoscere ed era straordinario, perfetto per il ruolo. Io l’avevo visto in un brutto film e per questo ne avevo avuto una cattiva impressione. Due attori calibrati, perfetti. E alle spalle queste vacanze del boom: tempo di euforia con un fondo un po’ cupo, tempo di relax e di falsità, una specie di stasi provvisoria in cui la gente tira spesso fuori il peggio. Ma anche tempo di vagabondaggio, di conoscenze e messe a confronto con gente che normalmente non capiterebbe mai di incontrare.

(Dino Risi)