La spettacolare proiezione in Cinemascope di Beatrice Cenci ha ipnotizzato gli spettatori del Cinema Ritrovato, facendo capire – meglio di qualsiasi recupero su piccolo schermo – perché il film di Freda sia stato adottato dalla generazione cinéphile degli anni Cinquanta. Beatrice Cenci (1956), capolavoro dimenticato del mélo, più che un dramma in costume, è un fiammeggiante Eastmancolor, commentato dalle musiche di Ciajkovskij e Beethoven.

Tratto dal romanzo ottocentesco di Francesco Domenico Guerrazzi, narra la tragica vicenda di un’eroina femminista ante litteram, che si ribella per amore all’autorità paterna, nello Stato Pontificio del XVI secolo. Mai restaurato finora e quasi scomparso dalla programmazione televisiva, Beatrice Cenci al può essere apprezzato al meglio, e in tutta la sua estensione “fisica”, su grande schermo, e si spera che ritrovi il posto che merita nella storia del cinema italiano. Alcune reazioni critiche sono indicative: “Su schermo panoramico, con un budget modesto a cui sa donare un aspetto sontuoso, Freda celebra in immagini sontuose le nozze del melodramma e della Storia. L’originalità dello stile del regista trova in questo film una delle sue migliori applicazioni” (Jacques Lourcelles); “Un fosco melodramma rinascimentale, ribollente di passioni, con un ritmo di trascinante dinamismo plastico” (Morando Morandini). “Avvincente feuilleton che Freda racconta con splendido gusto melodrammatico” (Paolo Mereghetti). A sua volta, il regista e critico Bertrand Tavernier ha omaggiato Beatrice Cenci con un libero remake, La passion Béatrice (Quarto comandamento, 1987), interpretato da Julie Delpy.

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