Nell’estate del 2011 i quotidiani si sono occupati del caso di Amina Arraf, giovane blogger siriana sequestrata a Damasco. Da pochi mesi la ragazza aveva creato un blog “A Gay Girl in Damascus”, tramite il quale scriveva duri approfondimenti politici sulla situazione siriana. Ma presto qualcosa non torna, e la storia prosegue con la scoperta della falsa identità di Amina. All’inizio ci sono solo sospetti, poi smentite da parte della Siria e infine si scopre che la sua foto pubblica appartiene a un’altra persona. Le indagini portano a Tom MacMaster, giovane uomo americano, sposato ed eterosessuale, che vive a Edimburgo. In varie lettere e comunicati, l’uomo svela le sue “buone intenzioni” di portare l’attenzione sulla situazione siriana, e racconta di aver descritto solo fatti veri nelle pagine del suo blog.
Questa vicenda ha tutti gli elementi per la realizzazione di un film e nel 2014, Sophie Desraspe ricostruisce la storia di Amina tramite gli occhi di Sandra Bagaria, che ha avuto una relazione on line con la blogger. Tutto nasce da un sito di appuntamenti online, in cui la ragazza rimane affascinata dal profilo di Amina, la conosce e comunica con lei solo tramite email, seguendo da lontano il suo blog, con ansia e preoccupazione per la situazione descritta. Il personaggio di Amina è stato costruito veramente a opera d’arte tramite il blog e numerose foto e video ed è stato facile cadere nella trappola degli incontri in rete.
The Amina Profile si caratterizza per una realizzazione perfetta, nell’alternarsi di interviste, immagini rubate dalle piazze e una parte di fiction in cui viene mostrato il misterioso personaggio di Amina. Questa ricerca stilistica, in alcuni punti, rischia di rendere un po’ fredda la narrazione, soprattutto nella prima parte. Dopo la rivelazione dell’inganno di MacMaster il documentario diventa molto più emozionale, lasciando uno spazio maggiore ai sentimenti di Sandra, ma anche alle reazioni sgomente di coloro che si battono per i diritti umani. Infatti molte sono state le associazioni e le singole persone che hanno supportato la blogger e si sono schierati in prima persona per la sua liberazione.
Il film narra la vicenda da due punti di vista. Il primo, quello di Sandra, che vive dal Canada i racconti sulla Siria, angosciandosi per le minacce mosse alla sua fidanzata, disperandosi per il rapimento. L’altro sguardo è quello di coloro che rischiano veramente la vita e la libertà per le proprie idee in Siria. Sono persone che hanno subito minacce e ritorsioni, che stanno vivendo sulla propria pelle questo massacro e che si sono impegnate per fare uscire notizie e testimonianze dal Paese, in modo da informare il mondo sulla realtà dei fatti. La storia di Amina è pericolosa, poiché ha messo in dubbio il lavoro svolto da molte persone, causando nel mondo occidentale disinteresse e diffidenza per la situazione siriana.
Ma ciò che colpisce di più di questo documentario sono la presenza e la testimonianza di MacMaster. Il sorriso inconsapevole di quest’uomo, che continua a giustificarsi e ad arrampicarsi sugli specchi, quasi come se fosse non avesse mai riflettuto sulle proprie azioni. Neppure nell’incontro con Sandra, sembra riuscire a trovare delle parole che possano giustificare il suo gesto. Ma in The Amina Profile la sua controparte non è Sandra, che forse, complice il tempo che è passato, si è ripresa dalla cocente delusione, e quindi risulta molto meno agguerrita di quanto ci si possa aspettare. Invece è nelle parole dagli attivisti siriani che si trova la condanna più forte per il gesto di MacMaster che, a causa della sua mancanza di etica, ha rischiato di far perdere credibilità a un intero movimento.
Chiara Maraji Biasi