Sotto il sole di Roma è un film del 1948 diretto da Renato Castellani. L’opera è stata prima rifiutata dal produttore Dino De Laurentiis per poi diventare, prodotta dallo stesso regista, il film di quel genere col maggior incasso in Italia. La pellicola, oggi non troppo ricordata, narra una parte dell’esistenza di Ciro, giovane perditempo romano che preferisce bighellonare con gli amici piuttosto che trovarsi un lavoro serio e mantenere la sua povera famiglia. La vicenda raccontata è divisa in due parti: la prima, che si avvicina di più allo spirito della commedia all’italiana piuttosto che alla tragedia proletaria alla Pasolini, è ambientata durante l’occupazione nazista di Roma e illustra l’incontro del protagonista con il ragazzo barbone Geppo, che vive in un ammasso di vecchi giornali in un angolo del Colosseo, e con la giovane vicina di casa Iris, segretamente innamorata di lui; questi due personaggi diventeranno entrambi molto importanti per Ciro e cercheranno di farlo maturare e renderlo consapevole della vita. L’inaspettato finale della prima parte, che turberà nel profondo Ciro, spiana la strada per la seconda parte del racconto, nella quale il protagonista dovrà fare i conti con la realtà povera e dolorosa di un‘Italia nell’immediato dopoguerra e rifiuterà di vedere delle guide nelle figure di Geppo e di Iris, a proprie spese. Si trova in questa parte del film un irrefrenabile climax di angoscia e drammaticità che esploderà nello sconvolgente finale dove Ciro assiste alla perdita di tutto ciò che gli era più caro, e si rende conto che la responsabilità di ciò che è accaduto è solo sua. Questa nuova consapevolezza sarà così forte da turbarlo fino al fondo dell’anima, ma riuscirà, finalmente, nella bellissima scena finale, a farlo maturare e a portarlo, con l’aiuto di Geppo e Iris, sulla buona strada.

Sotto il sole di Roma è un film sorprendente per tanti motivi; in primis è uno dei pochi film a cogliere nel profondo il significato “sporco” e crudo del neorealismo, tanto che lo stesso Pasolini ammetterà che il suo Accattone è in larga parte ispirato a questa pellicola. In più, Castellani riesce a inserire perfettamente dosi di pura commedia all’italiana, un esempio è la breve apparizione di Alberto Sordi, qui ancora prima de Lo sceicco bianco, e scene di grande impatto drammatico, che mi hanno fatto ricordare Sciuscià e Umberto D. di De Sica.

In conclusione, un film da non perdere, anche se al di fuori del festival difficile da reperire (e ci si chiede francamente perché…), soprattutto per tutti gli amanti del cinema di De Sica, di Rossellini, e infine Pasolini, che attraverso questo autore possono scoprirne i riferimenti.

Pietro Luca Cassarino