Charles Chaplin muore il 25 dicembre 1977. Di lui si è detto molto e molto è stato scritto, ma un interrogativo rimane ancora irrisolto: avrà mai videogiocato?

Dopotutto i primi videogiochi commerciali risalgono agli inizi degli anni Settanta: nel 1971 arriva in sala giochi Computer Space, ma è del 1972 il primo grande successo della storia videoludica: Pong. Esperimenti in questo ambito c’erano già stati negli anni Cinquanta, per cui è facile supporre che di videogiochi Chaplin avesse sentito parlare. Dal 1972 al 1977 può anche darsi che, pur in tarda età, una capatina in sala giochi se la sia fatta, oppure che qualcuno gli abbia regalato un Magnavox Odyssey per starsene tranquillo in salotto. Chissà.

Fosse scomparso una decina d’anni più tardi, nel 1988, avrebbe avuto una bella sorpresa. Al suo Charlot, infatti, U.S. Gold decise di dedicare un gioco. Proprio al suo vagabondo, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita (e a cui la Cineteca dedicherà un convegno internazionale a fine giugno, visita la pagina). La celebre maschera chapliniana compare per la prima volta nel 1914, in Kid Auto Races in Venice, e da lì in poi è una sfilza di successi.

Il rapporto tra cinema e videogiochi è ormai consolidato, se n’è parlato spesso. Tra adattamenti, ispirazioni, rimandi. C’è stata l’epoca dei tie-in commerciali, poi delle avventure grafiche in FMV con attori in carne e ossa, poi dei divi prestati al videogioco. E nel 1988 c’è stato anche un gioco dedicato a Charlot, intitolato Charlie Chaplin.

Si inizia col contratto da firmare e poi si viene gettati direttamente sul set, con uno Charlot impegnato in alcune sequenze molto brevi, evidentemente ispirate ai suoi film. Non mancano riferimenti a The Immigrant, The Kid, Modern Times, A Dog’s Life e così via. Si passa quindi alla cabina di montaggio e poi giunge l’ora della proiezione pubblica (guarda il video). Nel 1988 la tecnologia non consentiva certo risultati estetici strabilianti, eppure Charlie Chaplin riesce a essere incisivo con poco: con la sua grafica in bianco e nero e i pochi frame d’animazione, il titolo riesce a restituire al meglio la gestualità di Charlot, con quei suoi movimenti buffi e ridotti all’essenziale. Certo, dal punto di vista ludico non siamo di fronte a un titolo memorabile, ma colpisce nel segno, e strappa più di qualche sorriso. Magari l’avrebbe strappato anche a Chaplin, se solo il grande artista non se ne fosse andato una decina d’anni prima.