Proiezione in Sala Mastroianni per due frammenti e un lungometraggio datati 1916 per Cento anni fa, la sezione de Il Cinema Ritrovato 2016 dedicata proprio ad alcune pellicole che quest’anno compiono cento primavere. Prodotto dalla Pasquali Film, il frammento (conservato in buonissime condizioni, con didascalie francesi) di sette minuti intitolato Oltre la vita, oltre la morte, proveniente dalla Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, corrisponde all’incipit del film e ai primi momenti della storia. Una giovane e facoltosa pianista è circondata da ammiratori e ammiratrici, ma la sua vita è presto destinata ad una disastrosa rovina quando suo padre si suicida nel suo studio e lei improvvisamente perde tutto. Abbandonata a se stessa, si muove tra le vie della città senza una meta e senza poter badare a se stessa. Una giovane coppia proletaria l’accoglie e la salva. Questo è, ahinoi, tutto ciò che per il momento possiamo vedere del film diretto da Ernesto Maria Pasquale, ma tanto basta per ammirare una solida regia e una grandissima cura per gli ambienti interni, da quelli lussuosi dei primi minuti del film a quelli molto più modesti degli ultimi minuti del frammento.
Integra invece la copia di Signori giurati, un dramma borghese ambientato nella splendida cornice della Torino del primo Novecento. Una storia di gelosia che sfocia nella tragedia quella diretta da Giuseppe Giusti, che si premura di offrire uno spaccato umano degradante, ma onesto della classe medio-alta dell’epoca. Di particolare importanza, per l’appunto, sono anche le scene ambientate all’interno di un bordello dove il consumo di droghe (oppio, per lo più) e lo sfruttamento della prostituzione diventano luogo di rifugio per i ricchi, in pieno contrasto con i ricevimenti ufficiali in ville, luogo di ritrovo di quella classe, mostrati in altri momenti del film. La duplicità della natura umana viene quindi magistralmente esemplificata con queste differenti ambientazioni, a cui si possono accomunare -per un’analoga funzione- anche le riprese in esterni, dove i personaggi sembrano smarrirsi in una natura (prati, giardini, alberi, le sponde di un fiume) che li accoglie e facendo ciò, cela quei loro comportamenti che invece non vengono ostentati nell’alta società.
La francese Gaumont invece ci mostra un dramma umano legato alla guerra. Il frammento di venticinque minuti de L’Angélus de la Victoire, per la regia di Léonce Perret, affronta il tema di trauma bellico, ma che non colpisce un soldato tornato dal fronte, bensì la giovane donna innamorata di lui. Un impianto registico simile, eppure differente, rispetto alle produzioni italiane di cui si è parlato poco sopra. Una minore attenzione agli aspetti scenografici si accompagna però ad un’indagine forse maggiore dell’ansia, della tensione emotiva, della pazzia umana.
Suggestive e delicate le note suonate al piano da Maud Nelissen, che è stata in grado di accompagnare magnificamente le immagini proiettate sul grande schermo. In più, nei due frammenti proiettati sono state mostrate scene di pianisti all’opera con il loro strumento, provocando negli spettatori un cortocircuito del tutto coerente per questa perfetta fusione tra il flusso d’immagini in movimento e la musica udita.
Simone Tarditi