Per la sezione “Ritrovati e restaurati”, Flesh and the Devil sbarca a Il Cinema Ritrovato in una splendida copia splendente che ha fatto riempire immediatamente la Sala Mastroianni con un tutto esaurito che ha impedito a molti spettatori di trovare posto al suo interno, costringendoli a rimanere fuori. Un successo clamoroso e aspettato, come quello che all’epoca affermò sul suolo statunitense la fama della divina Greta Garbo.
Un triangolo amoroso composto da due migliori amici (John Gilbert e Lars Hanson) e una donna bellissima e pericolosa (Greta Garbo) è destinato ad avere risvolti tragici, avvicinamenti e allontanamenti, quando quest’ultima entra nelle vite di entrambi. La regia di Clarence Brown, destinato a lavorare a lungo con l’attrice svedese, è semplicemente perfetta ed è sorretta dalla sontuosa produzione della MGM, il cui marchio di fabbrica è sempre stato quello di portare al cinema delle grandi storie raccontate con enorme dispendio di soldi (Ben-Hur, su tutti, ma anche molti altre pellicole).
Una lavorazione non priva di difficoltà quella di Flesh and the Devil: durante le riprese la sorella di Greta Garbo si ammalò e morì di cancro e la MGM impedì all’attrice di tornare in Svezia per il funerale, costringendola per vie legali e burocratica a terminare il film. La tristezza e la rabbia della Garbo sono facilmente rintracciabili nella seconda metà del film allorché il suo personaggio, come lei, si trasforma di scena in scena diventando sempre più emotivamente instabile. Su di un versante invece più roseo, Flesh and the Devil segna anche l’innamoramento reale tra John Gilbert e la Garbo. I due non si erano mai visti prima di girare la scena del loro primo incontro e negli occhi dell’attore si percepisce un’infatuazione istantanea, tale da spingerlo a lasciare sua moglie. Le scene che li vedono coinvolti sono tra le più intense, in particolar modo quella del loro primo bacio, quasi completamente avvolti dal buio della sera e illuminati solo dalla luce sprigionata da un fiammifero (un effetto creato con un minuscolo arco voltaico tenuto in mano da Gilbert nell’atto di accendere una sigaretta).
Tutto questo, per un motivo e per l’altro, ha reso le performance di tutti e due straordinarie e non fasulle, lasciandoci un film meraviglioso che è stato possibile finalmente ammirare nella sua bellezza originale.

Simone Tarditi