Tre cori muti di Jacques Rivette ci permettono di ritrovarne gli esordi, l’apprendistato. Aux quarte coins vede l’interazione tra due coppie di ragazzi. I tagli frequenti non danno il tempo di abituarsi alla scena, fornendo un buon dinamismo ma anche una notevole ambiguità per la lettura delle scene. La prima coppia sembra vivere i momenti insieme nel puro romanticismo, tra baci e carezze sotto il sole fra i campi. È la seconda ad affascinare e spaventare per la peculiarità dell’interazione, lui le si avvicina con l’apparente intenzione di strangolarla, lei lo attende e si lascia baciare.

La Quadrille somiglia a una performance d’arte contemporanea, una sfida con il pubblico. Quattro ragazzi si trovano in una stanza, potremmo supporre che questi non si conoscano. Appaiono tutti ansiosi, fuori luogo, a parte uno che fin da subito si accende rilassato una sigaretta e si muove per la stanza prima di mettersi comodo. I personaggi vengono spesso inquadrati individualmente e possiamo notare i loro gesti di nervosismo che inizialmente vengono appena accennati (una mano tra i capelli, l’accavallare le gambe) per poi diventare sempre più evidenti, ampi. La sala reagisce: movimenti simili cominciano anche tra il pubblico, ci si sistema sulla poltrona, si scrocchiano le nocche, ci si massaggia il collo con una mano, si accavallano le gambe, si ruotano i polsi e le caviglie. La performance ha l’effetto contagioso di un enorme sbadiglio. È il modo in cui l’uomo sopravvive: imita, si adatta. Sullo schermo le sigarette vengono accese una dopo l’altra, mentre dalla platea le cose più piccole iniziano a sembrare divertenti.

Le Divertissement racconta un pomeriggio di svago di un gruppo di vecchi amici, che chiacchierano, fumano, giocano a carte. “Le sigarette e le carte bilanciano la paura dell’amore”. Il bianco e nero per tutti questi pezzi è magistrale, fa un uso esemplare dei pieni e dei vuoti.

Eugenia Carraro