Ancora una prova dei nostri giovanissimi collaboratori di Parole e Voci dal Festival, alle prese questa volta con I pugni in tasca di Marco Bellocchio.

I cinque personaggi del film sono stretti in un pugno nelle tasche di una nebbiosa e provinciale campagna. Lungo il racconto lievita la sensazione di oppressione e ineluttabilità degli eventi. La bella villa che viene inquadrata si trasforma nel nostro inconscio di spettatori in una sorta di prigione. Non c’è speranza di salvezza o di cambiamento.

Ale appare come un sordo in un mondo di ciechi. Si presenta subito con la forza della sua precaria psicologia. Non c’è via di mezzo in lui, passa dalla depressione all’esplosione incontenibile di una sadica risata. Ma sembra anche l’unico ad avere la lucida sensazione di essere un peso sociale ed escogita gli omicidi di famiglia con totale razionalità. É emblematico il suo masochista rapporto con la morte, ci gioca, la sfida a duello, l’accarezza, fino ad affermare: “Questa casa non è mai stata così viva come per un funerale. Cento di questi giorni!”.

Sandro, il fratello maggiore, è il solo ad avere una vita privata al di fuori del nido familiare. È ordinario e posato, modera le liti di famiglia, è severo quando necessario e affettuoso quando il codice morale richiede di esserlo. Insomma segue il dritto binario dell’educazione cristiana cercando di trovare il giusto equilibrio tra la felicità di coppia con la promessa sposa Lucia e i doveri del capofamiglia. Il suo umore resta monocorde per tutto il film trasmettendo un senso di alienazione dalla sfera dei sentimenti umani.

Giulia si dondola tra capricciosi atteggiamenti infantili e atti di una premura materna. Morbosamente gelosa di tutto ciò che è estraneo alla famiglia fa la principessa annoiata dall’attesa di un cambiamento liberatorio che invece la paralizzerà. La madre e il fratello Leone sono burattini in balia di questo teatrino tragicomico. Quando Ale e Giulia spogliano la camera della mamma con un plateale rito di purificazione scopriranno amaramente che tolti i quadri alle pareti ne restano gli aloni, la crosta del passato.

La versione che possiamo vedere oggi de i pungi in tasca è quella restaurata da Cineteca di Bologna e come dice Bellocchio stesso si può godere di un bianco e nero più netto come sarebbe dovuto essere originariamente. C’è anche una particolarità, è stata inserita una scena ritrovata, tagliata per una censura preventiva alla censura eccessiva che si prevedeva non avrebbe visto di buon occhio un film così innovativo e ribelle per il panorama cinematografico dell’epoca.

Lucia Lancellotti