Ogni restauro è una cosa a sé. Nel caso di The Half-Breed possiamo parlare di un lavoro fatto di sinergie tra cineteche e associazioni diverse che, riunitesi per questo progetto, hanno dato il loro singolo contributo per ricostruire il film nella versione “filologicamente” più corretta e simile a quella uscita nelle sale americane nel 1916.

Andando a monte, si scopre però quanto la pellicola sia a sua volta il frutto di una straordinaria unione di professionisti dell’epoca, nel dettaglio: Allan Dwan (regia), D.W. Griffith (supervisione generale), Anita Loos (sceneggiatura), Victor Fleming (fotografia). Non serve presentare queste personalità, i cui nomi hanno fatto la storia del cinema. Risulta chiaro, quindi, che The Half-Breed è un film straordinario già solo per questo motivo.

A ciò si può aggiungere che la pellicola rappresenta un po’ un unicum all’interno della filmografia di Douglas Fairbanks, ai tempi della casa di produzione Triangle, che qui rinuncia quasi completamente alle acrobazie che l’hanno reso celebre per concentrarsi invece maggiormente sulla costruzione di un personaggio inserito in una storia drammatica. L’obiettivo non è quello di “rendersi amico” lo spettatore con il suo noto sorriso ammaliante o con scene di azione mozzafiato, bensì invitarlo a riflettere sul problema del razzismo e dell’intolleranza. Vero che il film accenna e abbozza soltanto questa spinosa tematica, ma vuole comunque offrire qualcosa di più del semplice intrattenimento.

Lo / Sleeping Water (Douglas Fairbanks) è nato dalla relazione di un uomo bianco e di una ragazza Indiana, ma è stato cresciuto da un anziano uomo che vive solitario a Carquinez Woods. Il nostro protagonista non è ben accetto dalla comunità “civilizzata” (bifolchi alcolizzati, scommettitori, prostitute, e altre figure ben note all’interno dell’epica del West) che abita in quella zona e che ostacola in ogni modo una sua relazione con una donna bianca.

The Half-Breed rappresenta perfettamente, in anni in cui il genere western non ha ancora fatto totalmente suoi quei topoi narrativi giunti fino a noi, il conflitto irresolubile tra la società bianca (quella che Slotkin identifica come “White Nation”) e la popolazione indigena composta dai pellerossa, riconosciuti come il nemico da abbattere e sottomettere ad ogni costo. Nel film, Lo è percepito e vive come straniero ogni qual volta va nella città, ma per contro i suoi abitanti diventano deboli prede quando questi si recano nel suo di mondo, ovvero nella Natura incontaminata.

Non si può privare The Half-Breed della sua caratteristica di essere un film precursore di quelle tematiche del genere western che nei decenni successivi (in particolar modo fino agli anni ’60) si son sviluppate nella cinematografia americana e al contempo non si può negare quanto l’irresolutezza del conflitto tra due etnie diverse rappresenti proprio quel fulcro narrativo principale imprescindibile dell’Epica della Frontiera.

Simone Tarditi