Una felice sequenza di proiezioni ha permesso agli spettatori di questa edizione del Cinema Ritrovato di godere di un pomeriggio dedicato a Ivan Mozžuchin: attore, divo e regista, emblema e protagonista indiscusso della storia del cinema muto, russo e mondiale. Nella sezione Cento anni fa: 1917 è stato presentato Kulisy Ekrana - Behind the screen (G. Azagarov?, A. Volkov?, 1917), mentre a seguire, in quella dedicata alle pellicole restaurate, Kean ou Désordre et Génie (A. Volkov, 1924): due opere in cui il racconto si dispone attorno ai gesti e al corpo di Mozžuchin.
Malgrado il suo volto venga universalmente associato e ridotto alla famosa e famigerata dimostrazione dell'effetto Kulešov, le interpretazioni dell'attore russo sono ancora oggi indimenticabili, plasticamente evidenti e concrete nella loro perfezione. Nel movimento progressivo che procede da Kulisy Ekrana a Kean ou Desordre et Génie è possibile cogliere alcune delle molte sfaccettature dell'attore: la prestanza e l'abilità fisica (resa attraverso un movimento o una sequenza scatenata di danza), la misura nella recitazione, l'adattamento poliedrico a ruoli e situazioni diverse e la consonanza quasi trascendentale con la macchina da presa e con lo spettatore.
Di Kulisy Ekrana non è possibile stabilire con certezza il regista e poiché si è conservato soltanto un rullo, senza didascalie, il racconto stesso rimane a tratti enigmatico. Durante la presentazione, i curatori della sezione hanno sottolineato il valore di questo film, che contamina la struttura del “tipico melodramma russo” con elementi chiaramente “ironici e masochisti”. Ivan Mozžuchin interpreta il ruolo di un grande divo del cinema, Ivan Mozžuchin stesso, e sua moglie, Natal'ja Lisenko, quello della moglie del protagonista. L'incipit della pellicola è denso di significato: un interno anonimo, una donna e alle sue spalle la fotografia di un tenero abbraccio tra un marito e la moglie, tra Mozžuchin e Lisenko. L'abbraccio rimane sullo sfondo e il volto malinconico della donna rivela immediatamente l'impossibile approdo a quella felicità perduta. Poco dopo irrompe sulla scena proprio Mozžuchin, di ritorno forse dalla guerra, ancora altero e bellissimo, ma purtroppo senza un braccio. Quel “pezzo mancante”, reso dalla manica della giacca vuota, sembra rappresentare l'impossibilità di Mozžuchin di riordinare, riassemblare e riunire i pezzi della propria vita. In una sequenza emblematica, Mozžuchin, costretto a ritirarsi dalle scene, si intrufola nel vecchio camerino e sfoglia, divorandole con lo sguardo e la memoria, alcune foto che lo ritraggono nelle vesti dei ruoli più famosi, interpretati effettivamente dallo stesso Mozžuchin al cinema. Questi frammenti di vita si alternano al volto dell'attore, intrecciando realtà e messa in scena, passato e presente. Misterioso, lacunoso e discusso il prosieguo della storia, che si conclude melodrammaticamente, con un apparente lieto fine.
Alla stagione europea e francese appartiene invece Kean ou Désordre et Génie di Aleksandr Volkov, presentato nella splendida versione restaurata a cura della Cinémathèque française e del Národní Filmový Archiv di Praga. Il film racconta alcune vicissitudini amorose e quotidiane dell'attore inglese Edmund Kean (interpretato da Mozžuchin), celebre per le superbe interpretazioni delle tragedie shakespeariane. L'opera di Volkov è l'adattamento di una pièce di Alexandre Dumas, ma si avvale anche del ricco e variegato materiale che circolava e fantasticava sulla vita del famoso attore, vissuto in Inghilterra all'inizio dell'Ottocento. La metafora del teatro e quella della “maschera” caratterizzano la narrazione, diventandone talvolta elementi concreti, presenti sulla scena. Il film si apre con un sipario che si spalanca sulla vita di Kean mentre si prepara nel proprio camerino, ma il sipario torna poi in seguito a scandire le giornate e gli spettacoli dell'attore. La penetrazione del teatro nella vita di Kean si rivela anche in una sorta di meccanismo di costruzione del sé dell'attore, che mentre indossa la maschera del Romeo shakespeariano si appropria di quelle parole d'amore per conquistare la contessa Elena di Koefel (Natal'ja Lisenko); allo stesso modo, dopo la rappresentazione, l'immagine di Kean-Romeo prende vita nei sogni e nei pensieri della giovane e ingenua Anna (Mary Odette).
Accanto alle alterne vicende amorose, si susseguono sequenze dedicate e consacrate al mestiere dell'attore: travestimenti, danze, numeri da circo e trucchi da saltimbanco. In queste scene, l'accompagnamento musicale, eseguito in questa occasione da Gabriel Thibaudeau e Frank Bockius, esalta da un lato la dinamicità dei movimenti e la plasticità dei corpi, dall'altro la rapidità e la precisione del montaggio. Soprattutto nella sequenza della danza slava, il ritmo impresso dalle immagini dialoga costantemente con quello reso dalla musica, travalicando quasi i confini dello schermo.
Divorato dalla passione per Elena, Kean smarrisce il discrimine fra realtà e finzione: l'attore, condannato a essere “una maschera, mai un volto”, si perde nella follia dell'Amleto shakespeariano, instaurando un rapporto simbiotico con il dolce principe dilaniato dal dubbio. Consumato dalla follia, Kean muore lontano dal clamore delle scene. Lentamente, in una sequenza intensa e indescrivibile, che dura quasi venti minuti, si consuma l'agonia di Kean, mentre esplode il talento di Mozžuchin, su entrambi, alla fine, si chiude il sipario della vita e dello spettacolo.