Non ho mai amato i Pokémon, al contrario. Ci ho provato a più riprese, ad amarli. Acquistai persino un Game Boy Color – credo fossero i primi anni 2000, ma potrei sbagliarmi – per giocare a uno dei primi episodi. Non ricordo esattamente quale: fatto sta che dopo due ore di gioco avevo già abbandonato la cartuccia al suo destino. Ci riprovai su Game Boy Advance ma niente, i Pokémon non mi hanno mai catturato. Se non riesci a farti piacere qualcosa, nonostanze i ripetuti sforzi, non ti resta che denigrarlo. Basta, ho chiuso coi Pokémon, non li sopporto. Poi è arrivato Pokémon Go.
Il punto è che di Pokémon si parla molto, ultimamente, ma non sempre se ne sa abbastanza. Del loro legame col cinema, per esempio, o del fatto che non sono un marchio Nintendo, non del tutto quantomeno. Che sono a tutti gli effetti un prodotto crossmediale e in quanto tale particolarmente interessante. Ci sono due o tre cose su cui è bene fare il punto.
Non solo Nintendo: i Pokémon vengono generalmente associati a Nintendo, ma è bene sapere che il marchio è solo in parte di proprietà di Nintendo. A gestire il brand è The Pokémon Company, società nata per volere dei tre aventi diritto: Nintendo, Game Freak e Creatures. Il papà dei Pokémon è Satoshi Tajiri, che è anche fondatore di Game Freak. Una precisazione sintetica ma doverosa.
Andiamo al cinema: il primo lungometraggio dei Pokémon risale al 1998. Nelle sale italiane arriverà due anni dopo, nel 2000. Al momento si contano ben diciotto film ispirati ai Pokémon, alcuni distribuiti in sala, altri direttamente in home video. I lungometraggi d’animazione si ispirano a loro volta all’anime televisivo. Vi è mai capitato di vederne una puntata nel pomeriggio di Italia 1?
Pokémon ovunque: i Pokémon nascono in ambito videoludico, ma la loro fortuna e la loro fama si allarga ben presto ad altri ambiti. Di cinema e televisione abbiamo già parlato, ma non va sottovalutato il merchandising legato al brand: giocattoli, magliette, carte collezionabili, manga, colonne sonore e così via. La dimensione delle community web dedicate al fenomeno è un altro aspetto da tenere in considerazione. Di materiale per una tesi ce n’è a iosa.
Videogiochi di un certo livello: i videogiochi dei Pokémon sono ben più profondi di quanto normalmente non si pensi. Non si tratta solo di collezionare le adorabili creature, quella è solo una parte dell’esperienza. La serie principale appartiene al genere dei giochi di ruolo: il protagonista è un allenatore che compie un percorso di crescita e che esplora il mondo alla ricerca di Pokémon, incontrando amici e avversari lungo il cammino. Le meccaniche da gioco di ruolo non sono affatto superficiali (ma chiedo conferma ai fan sfegatati) e la progressione tipica dell’adventure è molto piacevole. Insomma, collezionare è importante ma non è l’unico motore dell’azione. Poi si sa, agli umani piace collezionare, che siano figurine o francobolli.
Unire l’utile al dilettevole: una delle più grandi critiche che viene mossa al fenomeno Pokémon Go, in particolare su Facebook, riguarda la presunta superficialità di chi vi gioca. Superficialità che di volta in volta si declina in “stupidità”, “cerebrolesità”, “dove stiamo andando a finire”, “ci sono problemi più importanti a cui pensare”. Da qualche parte ho letto un commento a mio avviso molto sensato e che cercherò di riassumere con parole mie. L’atto di videogiocare con Pokémon Go può tranquillamente coesistere con l’atto di pensare a questioni serie e rilevanti. L’alternanza di dovere e piacere è ciò che mantiene l’individuo sano.
In ogni caso, chi cattura Pokémon mentre guida contravviene al codice della strada e pone in essere un comportamento irresponsabile che non ha nulla a che vedere con le povere creature giapponesi.
Pokémon Go è un fenomeno mediatico e come tale si porta dietro vagonate di sostenitori e detrattori. L’implementazione della realtà aumentata apre comunque interessanti prospettive. Innanzitutto, in questo mix di reale e virtuale si dà nuovo impulso alla scoperta del mondo che ci circonda. Nell’affidarsi poi alla dimensione mobile degli smartphone, si abbattono barriere generazionali e si stimolano nuove forme di socialità, non solo digitale.
Per la cronaca, l’Archivio Videoludico conserva numerosi giochi dei Pokémon ed è anche sede di un Pokestop.
Andrea Dresseno