Grazie alla Cineteca di Bologna, un più ampio pubblico potrà fare la conoscenza della straordinaria Ella Maillart. Nell’estate 1939, in fuga da un’Europa in rotta, la fotografa e scrittrice svizzera Ella Maillart parte da Ginevra verso Oriente per quello che sarà uno dei viaggi più celebri del Novecento. Attraverso filmati eccezionali e fino ad ora inediti, Ella Maillart – Double Journey racconta in soggettiva una delle grandi esploratrici del ventesimo secolo, con la voce narrante di Irène Jacob. Ci sarà anche il cofanetto Dvd del film (Edizioni Cineteca di Bologna 2015), ed è proprio in esclusiva per Cinefilia Ritrovata che a seguire offriamo un estratto del booklet, scritto da Mariann Lewinsky.
Ella Maillart. Double Journey copre un arco temporale di diciassette mesi, dall’inizio del giugno 1939, quando Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach lasciano Ginevra, all’inizio del novembre 1940, quando Maillart, dopo le due proiezioni a Bombay del suo film (in 16mm e a colori) Nomads of the Frontier, arriva a Tiruvannamalai, dove comincia un itinerario di ricerca spirituale e segue gli insegnamenti di diversi maestri di filosofia Hindu.
Pur se è inedita la maggior parte dei materiali visivi e dei testi – tutti di Ella Maillart – che compongono il nostro film, la storia delle due donne che viaggiano fino a Kabul a bordo di una Ford V8 è diventata leggendaria, e ha sedotto per oltre settant’anni l’immaginazione di lettori, scrittori, filmmakers e viaggiatori (tra i quali Nicolas Bouvier e Thierry Vernet, che nel 1953 avrebbero seguito le loro tracce). La fama del viaggio ha avuto inizio nel 1947, con il resoconto che la stessa Maillart ne offrì in The Cruel Way (La via crudele. Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul, traduzione italiana del 2001) ed è stata poi alimentata tanto dalla scura suggestione che il destino di Schwarzenbach continua a esercitare, quanto dalla dimensione eroica di Ella Maillart, una donna di inusuale forza fisica e spirituale, che è riuscita a vivere in piena liberta, nutrendo così la nostra speranza che una vita vera e autentica sia, dopotutto, possibile.
Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach viaggiarono insieme per meno di tre mesi. La loro avventura si concludeva con un fiasco: non avrebbero mai raggiunto Nuristan, dove Maillart aveva sperato di condurre ricerche antropologiche; e a Kabul Schwarzenbach finì col perdersi tra l’abuso di droghe e una cotta per l’archeologa Ria Hackin. Fin dall’inizio le due donne avevano concordato che il viaggio doveva essere terapeutico per Annemarie, che a trentun anni dipendeva dalla droga non meno che dal denaro dei ricchi genitori; doveva aiutarla a guarire e a conquistarsi la propria autonomia, lontano dall’Europa. Ma Schwarzenbach non poteva fare a meno delle armi, le peggiori di tutte, che aveva imbracciato molto tempo prima per difendersi dalla sofferenza mentale: la morfina, le molte relazioni amorose, le ambizioni letterarie.
Dopo la falsa partenza, Ella Maillart si rimette in viaggio da sola, senza un piano. Leggendo i suoi appunti, ho sentito che è stato questo il suo vero viaggio, un anno alla deriva nell’India britannica, mentre l’Europa sprofondava nella guerra. […]
Mariann Lewinsky