In uno dei suoi primi provini Ingrid Bergman, giovane e timidissima, si muove davanti alla camera senza dire nulla: lo sguardo è già pieno di quella vitalità che avrebbe caratterizzato le sue interpretazioni e la bocca, che pare disegnata, si apre all’improvviso per restituirci uno dei sorrisi più magnetici della storia del cinema. Ingrid Bergman è diventata, come poche altre attrici, un’icona, esempio di fascino discreto ed eleganza innata. Il regista e critico svedese Stig Bjorkman la racconta nel documentario Io sono Ingrid – In Her Own Words, ora in programmazione al Cinema Lumiere.

Il film segue cronologicamente l’intensa e movimentata esistenza della donna, tra matrimoni, figli, successi, Oscar e abbandoni, utilizzando con sapienza immagini di repertorio affiancate agli innumerevoli filmati di famiglia che l’attrice ha conservato per anni. Le riprese scorrono scandite dalla lettura dei diari e delle lettere spedite dalla Bergman alle amiche più care, il tutto accompagnato dalla suggestiva colonna sonora composta da Michael Nyman.

Con delicatezza e pudore Bjorkman ci permette di entrare nella dimensione più intima e privata di Ingrid, una donna coraggiosa, riservata e anticonformista: da Stoccolma e da un’infanzia difficile (l’attrice era orfana di entrambi i genitori) a Hollywood per inseguire il sogno di diventare attrice, dal primo marito Petter e dalla figlia Pia sino all’incontro con Robert Capa e all’amore per Roberto Rossellini.

“Caro signor Rossellini – scrive Ingrid nella prima lettera spedita al regista – ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, non si fa quasi capire in francese e in italiano sa dire solo “ti amo”, sono pronta a venire in Italia a lavorare con lei”.

Da Hollywood sino all’Italia e a Parigi, il documentario decide volutamente di affrontare solo marginalmente le tappe e i successi della carriera d’attrice della Bergman per soffermarsi soprattutto sulla sua vita privata fatta d’incontri determinanti e cambiamenti repentini, raccontata dai figli Renzo, Isabella, Ingrid e Pia. Nonostante i continui spostamenti e la vita da nomade, la Bergman ha tenuto vicini, anche se alle volte solo metaforicamente, i suoi affetti e ha continuato a nutrire sino a tardi un amore viscerale ed incondizionato per la recitazione.

La cronistoria di un’esistenza burrascosa è incisa in quelle riprese familiari così delicate ed intense che costituiscono il nucleo essenziale di Io sono Ingrid e ne fanno un documentario intimo e genuino, capace di avvicinarsi alla natura inquieta e appassionata di una donna che aveva deciso di vivere come voleva.

Caterina Sokota