Per le ripide strade di San Francisco si susseguono fughe e inseguimenti dai ritmi frenetici: una donna sta cercando di rintracciare suo marito, scomparso dopo aver assistito involontariamente a un omicidio commesso dalla malavita. Al suo fianco uno scaltro giornalista cerca di aiutarla a mettersi sulle tracce dell’uomo, con una scrupolosità non priva di secondi fini. Nella sezione “Ritrovati e restaurati”, Woman on the run racchiude al suo interno elementi stilistici differenti, attingendo ora dal genere noir, ora dal poliziesco, ora dal melodramma. Il risultato è film non completamente catalogabile in nessuno di questi generi, in quanto tratteggia atmosfere ibride.

Mentre ricalca i toni del giallo classico, fatto di misteri e “poliziotti alle calcagna”, assume al contempo sfumature più intime, focalizzandosi sui sentimenti della protagonista. Vi è infatti un progredire parallelo di due differenti piani narrativi: uno che rimanda all’azione dei personaggi intenti in una convulsa caccia all’uomo, l’altro che corrisponde a un percorso introspettivo non meno tortuoso. Lo svolgersi della storia si accompagna infatti a una progressiva presa di coscienza della protagonista, interpretata da un’ottima Ann Sheridan, che riscopre l’amore per un marito che pensava di aver perduto per sempre.

La sceneggiatura, graffiante e ironica, contribuisce a donare un ritmo che dopo la prima metà del film si fa sempre più incalzante, grazie anche a una rivelazione che genera ulteriore tensione nella narrazione.  La Sheridan è perfetta nel ruolo di moglie, algida e caustica, ma sentimentale al tempo stesso. Le schermaglie tra lei e il giornalista (Dennis O’Keefe) sono spassosissime.

Vediamo mutare lo stato d’animo della Sheridan, mano a mano che gli indizi la avvicinano al marito scomparso, abbandonando quindi l’espressione di indifferente rassegnazione che caratterizzava il suo volto sin dall’inizio del film. L’indifferenza si trasforma in curiosità, poi in apprensione, fino al turbinoso epilogo sulle montagne russe. Tramite l’uso di riprese in soggettiva e frenetici primi piani della donna, percepiamo il suo senso di impotenza e frustrazione, sentiamo le sue urla di disperazione confondersi le con urla di divertimento delle altre persone, in un crescendo di pathos davvero notevole.
Da notare che in questo film la donna non ricopre il ruolo della fredda manipolatrice, tipico dello svolgimento noir: il personaggio della Sheridan non agisce infatti per interesse personale, ma spinto da una combinazione di sentimenti contrastanti, tra i quali alla fine prevale il bene.

Woman on the runIl mistero del marito scomparso, nella traduzione italiana – costituisce una vera chicca per i cinefili amanti del noir, salvato in extremis da un restauro che pareva impossibile, fino a quando non furono trovate delle copie della pellicola negli archivi del British Film Institute.
Barbara Monti