Nel Focus “Eat the Future” del FFF 2015 si nascondono alcune perle di cinefilia selvaggia, come Stuff – Il gelato che uccide, proiettato di fronte a una platea estasiata (ed esilarata) dallo strano horror politico di Larry Cohen, pellicola (letteralmente, essendo stato proiettato in 35mm) che compie trent’anni. Si tratta di un film che ha faticato a farsi strada nel pur generoso novero dei cult movies del fantahorror. Man mano che la carica satirica dell’opera di Cohen si sviluppa, anche il pubblico che pensava di trovarsi di fronte a un trash movie capisce che l’ironia è volontaria.

Dal regista di Baby Killer, Il serpente alato e L’ambulanza ci si poteva già all’epoca aspettare di tutto, tranne che l’assenza di consapevolezza. E così, questa vicenda di una specie di yogurt simile a un gelato, che fuoriesce dal terreno e viene commerciata perché dà dipendenza (arricchendo le multinazionali) diventa un libello anticapitalista simile ad altri degli anni Ottanta. Vicino a certi umori di Brian Yuzna, ma venendo da più lontano, Cohen sembra non avere alcun controllo del montaggio, usa effetti speciali degni di Ed Wood, mescola attori cani con caratteristi magnifici come Paul Sorvino, e alla fine fa a pezzi un’intera America reaganiana, dall’esercito alle fobie anticomuniste, dal razzismo (imperdibile il personaggio di Chocolate Chip) alla famiglia di provincia, dalle agenzie pubblicitarie alla grande distribuzione. Marxiano nel senso in cui lo si potrebbe dire per esempio di The Mangler di Tobe Hooper, il film di Cohen aveva un budget troppo irrisorio per poter ambire al pamphlet che fa storia, ma emana comunque tuttora una simpatia cospirazionista e un atteggiamento anarcoide sano e in totale controtendenza ai peggiori prodotti infantili anni Ottanta. Il blob cremoso che dà il titolo al film allude a materie indicibili e talvolta sembra prendere spunto da La Cosa di Carpenter, senza avere Rob Bottin o i soldi necessari per affrontare la sfida a viso aperto. Il modello è sempre e comunque L’invasione degli ultracorpi. Ma quanto ci manca un Larry Cohen oggi!