L’occasione per parlare dell’amico Goffredo Fofi ce la fornisce “Cicalate di Cinema“, il primo appuntamento nel quale l’irriducibile critico e storico del cinema, originario di Gubbio, parlerà a ruota libera dei film legati direttamente o indirettamente alla programmazione del Lumière, a Bologna. In particolare, a partire dalle immagini di Il terzo uomo e Germania anno zero, e quelle dei film di propaganda sovietici e nazisti, Fofi toccherà i temi legati a cinema e storia. Non sono molti gli intellettuali di cinema, scritto e orale, che meritano una voce sulla Treccani. Né sono tanti coloro che da giovani hanno lavorato con Danilo Dolci e ispirato la propria vita alla militanza attiva, pedagogica e critica. Fofi non è personaggio conciliante (la foto di Vincenzo Cottinelli che abbiamo messo in testa sembra quasi intuirne la disposizione d’animo), e non esiste probabilmente nessun critico o studioso che possa dire di non aver mai litigato con lui. Ma, stia simpatico o meno a vecchi e giovani colleghi, Fofi possiede anche una bibliografia sterminata cui ancora oggi ci abbeveriamo (uno tra tutti: L’avventurosa storia del cinema italiano), oltre che una cultura letteraria che ancora oggi si sviluppa quasi quotidianamente su riviste e giornali. Inoltre, è un altro esempio di come il web abbia sostenuto e offerto ospitalità a una generazione di polemisti e intellettuali magari più legata all’editoria tradizionale, come dimostra l’impegno di Fofi – per esempio – sulla versione online di Internazionale. Invece che cercare di offrire impossibili riferimenti esaustivi di un’opera che – messa tutta insieme – sfonda sicuramente le centomila pagine, tanto vale dare solo un assaggio del Fofi più recente. Qui, per esempio, alle prese con lo struggente Non essere cattivo di Claudio Caligari, di cui offriamo un estratto:
“Si parla di spacciatori di droga periferici, che sono anche drogati, e delle loro donne, dei loro figli, del loro habitat, in una Ostia (già raccontata in Amore tossico: è evidente che il registra la conosce bene e sa di cosa parla) che è tanto assolata quanto squallida e provvisoria come tante periferie del mondo. L’ambiente e i personaggi sono pasoliniani (Accattone è il riferimento essenziale, ma anche Morte di un amico di Franco Rossi, scritto da Pasolini con Giuseppe Berto, per il legame tra i due protagonisti Cesare e Vittorio), però dimensionati in un oggi che è un eterno oggi, dove le storie si ripetono di padri in figli e di generazione in generazione, con le stesse ricorrenze.
Una società nemica; un potere generalmente distante e dimentico salvo che per una polizia che reprime senza che niente cambi; un ambiente – vedi le scene sui cantieri e sulla loro gestione – dove il lavoro è poco e non offre garanzie di sorta; donne supine che quando sono sveglie vengono presto ricondotte al loro essere secondarie anche nella marginalità, anche nella sofferta solidarietà con i loro uomini; bambini vittime o destinati a ripetere le gesta degli adulti. Un mondo vero, che sfioriamo quotidianamente, ma da cui siamo protetti solo per appartenenza di ceto o per la voluttà di un agire da servi, di una “carriera” da servi.”