Continua la nostra copertura di alcuni dei film più interessanti di Gender Bender 2016. Questa volta tocca al sorprendente Henry Gamble….

Oggi Henry compie diciassette anni. Gran giorno. Ma non inizierà prima delle 10.02, come il ragazzo precisa nella sorprendente scena iniziale. Non prima, punto fermo. Dopo quell’ora sarà la sua giornata, festa in piscina con tanti invitati e tanta musica. Henry è il perfetto figlio di un pastore protestante, quasi tenuto ad essere l’incarnazione della virtù cristiana. Non che a suo modo non lo sia, solo che ora è segretamente innamorato del suo migliore amico Gabe. Gabe gli fa gli auguri a mezzanotte, è lui che Henry corregge sull’ora, ma intanto pensa soprattutto a guardarlo. Henry non è solo il figlio del pastore. E il suo gran giorno comincia prima delle 10.02.

Per venti minuti buoni Henry Gamble’s Birthday Party accumula personaggi. Come una festa vera, con gli invitati che arrivano uno dopo l’altro. Nessuno di loro diventa mai protagonista, un protagonista non serve. Questo è un racconto corale, anzi no, in un coro si armonizzano voci diverse; qui un personaggio continua l’altro: tutti irresistibilmente attratti da qualcuno o qualcosa che non possono raggiungere, una catena di sguardi furtivi che non si incontrano mai. La scelta di ambientare il film nell’America benestante delle comunità cristiane è felice ma fraintendibile: nei suoi momenti migliori Henry Gamble non è un film-denuncia, quando prende quella strada non fa che giocare su un bonario ma superficiale sarcasmo o inventarsi qualche punching-ball facile facile come la fondamentalista inacidita. Piuttosto, è una storia di solitudine in un mondo che vorrebbe essere comunitario e solidale, una storia di cambiamento in un mondo che vorrebbe rimanere identico a sé stesso.

Tutti vogliono bene al figlio del pastore, il più bel fiore della comunità. Festeggiare il suo compleanno è anche l’occasione per riunirsi e celebrare la propria appartenenza alla comunità stessa, e invece questo “rito” ne diventa il rovesciamento assoluto: dal fondo della sua piscina Henry (il cui cognome “Gamble” è il verbo inglese per “giocare d’azzardo”, “affidarsi al caso”) vede amore, rimpianto, nostalgia, desiderio sessuale trascinare i suoi parenti e gli amici sempre più lontano dal sentiero tracciato. Man mano si arriverà a celebrare proprio questo allontanamento, e con esso l’umanità che ne affiora. Così l’Eucarestia diventa un gioco di sbronze e abbuffate, i doni dei Re Magi sono pegni d’amore terreno. Così ogni personaggio riemerge dall’acqua della piscina come appena battezzato, come qualcosa che cresce e cambia. Non tutti se ne accorgono. Non tutti sono in grado di accettarlo.

Se ogni tanto Henry Gamble zoppica è perché cerca di risolvere completamente troppi di questi personaggi. Vuole inseguirli e catturarli, vuole passarli ai raggi X. Ma il loro senso sta proprio nell’essere schegge impazzite, dadi sotto una coppa ancora da sollevare; e coerentemente sgusciano via, il dramma famigliare gli è meno congeniale dell’umore meditativo e dolorosamente ironico – quasi nuova Hollywood – della prima parte e del bellissimo finale, che centellinando le parole in favore di sguardi e gesti ci immergono accanto a Henry in un mondo ovattato e freddo. La sua bolla d’acqua.

Lorenzo Meloni