Nella quarta giornata dedicata ai muti di Hitch ci ritroviamo all’interno di un ring per assistere a intensi incontri di pugilato tra il giovane Jack ‘One-Round’ Sander e l’affermato Bob Corby. In palio c’è l’amore per la bella Nelly che sebbene sia teoricamente sposata con Jack non evita di flirtare con il campione del mondo Bob. Non si tratta del primissimo film sul pugilato, ma forse del primo drammatico, se si conta come primo Charlot boxeur (1915) con Charlie Chaplin. Ma qui il ring è una parabola della vita: Jack inizia da sconfitto e finisce da vincitore, in tutti i sensi, non senza aver sperimentato la disperazione per la perdita della sua amata.

Siamo nel 1927, uno degli anni più prolifici per Hitchcock che si ritrova a dirigere il terzo, primo per la British International Pictures. Ancora più interessante notare come Hitch curi qui per la prima volta direttamente anche la sceneggiatura di un suo film seppur insieme a John J. Cox.  Con questo film il regista sembra volerci mostrare che attraverso la forza di volontà e il duro lavoro tutto può diventare possibile, persino battere il campione del mondo. La Boxe, per la sua capacità di dar voce anche alle classi meno agiate, darà vita, dopo questo The Ring (it. Vinci per me!), ad un filone di film molto intenso e appassionante con titoli che spaziano da Rocky (1976) a Million Dollar Baby (2004), tanto per citarne due. Ma Hitch ci mette decisamente del suo regalando al pubblico bellissime scene, seppur con qualche difetto di montaggio. Si passa dalla vista sfocata di un ubriaco, alla riproduzione di quello che vede un pugile quando cade al tappeto. Non manca  la solita ironia che stempera un film nel complesso decisamente drammatico. Cosa manca? Soltanto i riccioli d’oro, ma non la solita componente ‘voyeuristica’ (con tanto di donna in reggiseno) che contraddistingue in particolare i primi lavori di Hitch.

Il BFI ha operato ancora una volta un ottimo restauro. Per motivi di tempo non ho potuto raccogliere le consuete opinioni, ma a giudicare dall’applauso il film è piaciuto. Ancora una volta i pochi interpellati hanno ammesso di aver completamente rivalutato l’idea preconcetta che avevano sulla produzione muta di Hitchcock. Rivedere i muti nel 2013 può ancora essere un piacere ed un divertimento. Un successo, quindi, che si rinnova nuovamente nel tempo e che speriamo possa diffondersi sempre più.

Yann Esvan