È difficile descrivere la passione e l’emozione suscitate dalla festa di rarità e delizie con cui Serge Bromberg e la sua Lobster Films si sono autocelebrati, su richiesta del Cinema Ritrovato, in occasione dei trent’anni dalla propria nascita. Specializzati in recuperi avventurosi di pellicole introvabili, autori di DVD imperdibili e spericolati, interpretano una cinefilia di scoperta e di ricerca continua non disgiunta da un gusto ironico per lo show dal vivo. È stato infatti Bromberg in persona a condurre l’antologia di sequenze, raccontando per ciascuna genesi e ritrovamento, accompagnandole al pianoforte e dialogando con il pubblico (all’interno del quale si trovavano alcuni giovani collaboratori della Lobster che nel 1985 non erano nemmeno nati).Quasi impossibile dedicare a ciascuna delle formidabili rarità un commento. Si è cominciato con un reperto storico di alto valore teorico: i falsi Lumière, ovvero i filmati (tra cui L’uscita dalle fabbriche L’arrivo del treno) che operatori di fine Ottocento spacciavano per gli originali pur essendo evidenti “fake”, come li chiameremmo oggi nel lunguaggio del web. Nulla che non si sapesse, ma a dir poco sorprendenti.

Sul tema del falso Bromberg ha giocato equilibristicamente: la candid camera di Buster Keaton per un programma televisivo del 1959 (un irresistibile slow burn in cui Buster ne combina di tutti i colori al bancone di un bar ristorante suscitando lo sconcerto degli altri clienti); il falso Caruso messo in scena da una casa di produzione tedesca nel 1908 “doppiandolo” con la voce del vero Caruso (ma l’audio è saltato sul più bello); un montaggio realizzato nel 1920 di baci probabilmente censurati e tagliati dai solerti proiezionisti (proprio come in Nuovo Cinema Paradiso); il delirante Cochon Danseur (maiale danzante), un breve film di pochi minuti del 1907 che retrodata il concetto di demenziale di almeno settant’anni.

La Lobster ha portato in buona sostanza un mucchio di piccoli film pescati e salvati da quel 70% di pellicole perse e obliate nella storia del cinema, senza badare troppo alla data di realizzazione (anche se il cinema primitivo l’ha fatta da padrone), e invadendo allegramente anche altre sezioni del festival. I sei minuti di Jazz Hot del 1938 con l’unica testimonianza esistente di Django Reinhardt di fronte a una macchina da presa, per esempio, hanno fatto da apripista alla sezione cinema e jazz con una chicca difficilmente dimenticabile.

Ciné-fils