La Nouvelle Vague fu compresa solamente dalla nouvelle critique? A giudicare dai nostri recensori più “ufficiali”, certamente no. Non si esprimevano su testate secondarie o generazionali Alberto Moravia, Ugo Casiraghi, Morando Morandini. Eppure scrissero cose acute e bellissime intorno ai 400 colpi, film del mese nel progetto “Cinema Ritrovato al cinema”. Leggiamo alcuni stralci, grazie ai materiali critici conservati nell’Archivio Giovanni Calendoli, cui rimandiamo anche per altri documenti su Truffaut.
Alberto Moravia, L’Espresso, Anno V, n. 40, 4 ottobre 1959: “Truffaut, appena ventisettenne, ha fatto un’opera che ha tutti gli affascinanti caratteri della gioventù: autenticità, serratezza, necessità, rappresentazione incessante e sostenuta, naturale e quasi involontario simbolismo morale, freschezza e acutezza d’osservazione. Tutto questo si risolve in poesia, ma è una poesia particolare, che ha appunto una certa quale acerbità ignota alle opere più mature. Il film di Truffaut dimostra pure la fertilità inesauribile d’un argomento antico come quello della famiglian e dei rapporti familiari. La spia alla sofferta autenticità del film di Truffaut la fanno la moderazione e l’ambiguità con cui sono disegnate le figure del ragazzo e dei genitori.”
Ugo Casiraghi, “L’Unità”, 5 maggio 1959: “In cinema, il maestro riconosciuto e adorato di Truffaut è Jean Vigo, che sarebbe diventato il massimo regista dello schermo francese se non fosse morto a 34 anni (…). Chi ha visto nei cineclub il suo Zéro de conduite, vi riconoscerà l’ispirazione prima di Truffaut, che molto spesso ‘cita’ il modello nelle sequenze del suo film che descrivono l’ambiente scolastico, la rigidità meschina di certi insegnanti, la divertentissima passeggiata del maestro di ginnastica (…). C’è dell’intellettualismo, d’accordo; ma tale è la caratteristica di questi giovani registi francesi, tutti accaniti intellettuali, legati l’uno all’altro da ambizioni e letture comuni. Truffaut si distingue, perché è arrivato a essere regista attraverso un doloroso tirocinio. Ecco perché salutiamo con simpatia il suo primo film”.
Morando Morandini: “La Notte”, 5-6 maggio 1959: “E’ un film tenero e crudele: richiama alla memoria il De Sica de I bambini ci guardano e di Sciuscià e il Vigo di Zero in condotta ma contrariamente a quel che ci si poteva aspettare propende più per la tristezza elegiaca del primo che per la violenza anarchica del secondo (…). Quel che prevale nella musica di Truffaut è il pedale della malinconia, il grido del cuore verso l’indifferenza degli adulti, l’ottusità dei genitori, la loro incapacità di amare e comprendere”.