Nella sezione Lettere da Chris Marker hanno trovato spazio due film “di viaggio”, entrambi perfettamente caratteristici della concezione filmica del documentarista francese: Description d’un Combat (1960) e Lettre de Sibérie (1958). In entrambi, immagini di varia provenienza commentate da un fitto parlato acuto e che sconfina spesso nell’ironia, e il montaggio a cucire tutto imprimendo ritmo alla dissertazione che si nutre della ripresa del reale.

In Lettre de Sibérie protagonista, oltre alle persone, è il territorio stesso, la Siberia, e in particolare la città e la regione di Jakutsk. E’ lei che viene ripresa e raccontata nelle sue specificità e caratteristiche dall’occhio indagatore di Marker e dalla voce che segue la parola scritta, attraverso l’espediente della lettera del viaggiatore-esploratore, cui fa esplicito riferimento il titolo (e richiamata anche nel nome della rassegna del Cinema Ritrovato). E’ un commento profuso di ironia, che si abbatte su tutto: su stereotipi e pregiudizi diffusi nei confronti di una realtà così lontana e impervia; sull’ottimismo socialista e l’impossibilità dell’oggettività, nella famosa sequenza del triplice punto di vista sulla descrizione di Jakutsk; sulla pubblicità, usata per parodiare il consumismo occidentale nella sequenza spassosa delle numerose qualità della renna. I materiali eterogenei, dall’animazione ai filmati di repertorio, le canzoni popolari e gli onnipresenti animali spesso raccontati in contrapposizione agli uomini imprimono al film un ritmo vivacissimo.

Se Lettre de Sibérie è il racconto di un territorio e di uno stile di vita, in Description d’un combat (1960) si racconta la Storia attraverso l’esplorazione di un popolo e di una cultura. A 12 anni dalla nascita di Israele, Marker costruisce un percorso all’interno del popolo ebraico e della sua cultura attraverso libere suggestioni che spaziano dai riferimenti biblici alle similitudini più varie, come sempre montate in modo da interagire con il commento parlato. Come scrive nel 1961 André S. Labarthe sui Cahiers, riportato poi nel catalogo del festival: «Montare è, prima di ogni considerazione tecnica, un certo modo di vedere il mondo o, se si preferisce, di manifestarsi al mondo». Più che le rivendicazioni del popolo rifiutato a Marker interessano i volti e le abitudini ancestrali, e soprattutto le contraddizioni insite nella nascita dello Stato d’Israele: i luoghi del privilegio (università, sinagoghe, caffè esistenzialisti) e la miseria, i pericoli dell’ortodossia che riporta alla ghettizzazione, e la presenza della “cattiva coscienza” degli ebrei, la minoranza araba.

Per chi ha avuto la sfortuna di perderselo, Lettre de Sibèrie sarà nuovamente proiettato al Lumière venerdì alle 16.45, dopo Dimanche a Pékin, altro reportage di viaggio di Marker.

Chiara Checcaglini