Paula Bélier ha circa 16 anni e vive in Normandia insieme a mamma, papà e fratello minore: lei è l’unica a non essere sordomuta. La vita della famiglia Bélier scorre serena, fino a che Paula non scopre di avere un dono: una voce meravigliosa. Supportata dal suo maestro di canto, si iscrive ad un concorso che si terrà a Parigi. Lo scontro con i familiari è inevitabile, ma la scelta sta a Paula: partire o restare?

Il concetto di “normalità” viene totalmente stravolto da Eric Lartigau, che nel film (in proiezione in questi giorni al Lumière) ribalta il punto di vista ponendo come “normali” i sordomuti e “diversi” tutti gli altri. Infatti, l’handicap non è affrontato con pietismo, cercando di suscitare facile compassione: per i membri della famiglia Bélier la sordità è qualcosa che li identifica fortemente e della quale vanno fieri. Del resto, sono perfettamente in grado di esprimersi e farsi capire attraverso il linguaggio dei gesti (compresa la mimica facciale). Il regista si muove agilmente tra dramma e comicità, stando ben attendo a non scivolare nel patetico. La questione dell’handicap è trattata con grande ironia e le situazioni divertenti che si susseguono donano al film la giusta dose di leggerezza. Non mancano comunque i momenti commoventi: l’affetto reciproco che lega Paula alla sua famiglia e la difficoltà che caratterizza il momento del loro distacco sono rappresentati in maniera schietta e non sdolcinata. È praticamente impossibile non prendere in simpatica i Bélier, una famiglia che, nonostante tutto, è meno anticonvenzionale di quanto sembri.

L’interpretazione di Louane Emera, protagonista del film ed esordiente sul grande schermo, è imperniata sulla voce. Paula, il suo personaggio, è infatti da sempre “la voce” per la sua famiglia, un tramite tra il microcosmo Bélier ed il resto del mondo. Le cose cambiano quando Paula scopre di avere una voce anche per sé stessa e che questa voce potrebbe cambiare il suo futuro. Emera caratterizza il suo personaggio adottando un andamento goffo e con le spalle curve, riuscendo così a rappresentare l’insicurezza tipica dell’adolescenza. La canzone di Michel Sardou, Je vole (Io volo), motivo ricorrente nel film, sembra scritta appositamente per raccontare lo stato d’animo di Paula, che si trova a dover affrontare le sfide della vita in una grande città, separandosi per la prima volta dal suo piccolo mondo e da chi ne fa parte.

Karin Viard e François Damiens, gli attori che interpretano rispettivamente la madre ed il padre della protagonista, hanno dovuto studiare il linguaggio dei segni e risultano convincenti nelle loro performance: le situazioni più esilaranti del film vedono proprio loro sulla scena. Luca Gelberg, che interpreta il fratello minore di Paula, è l’unico membro del cast ad essere realmente sordomuto. Il risultato finale è una commedia brillante, sorretta da una buona sceneggiatura ed in grado di affrontare temi universali (il legame con la famiglia, l’adolescenza, l’affermazione di sé) dando il giusto spazio ad ironia ed emotività.

Barbara Monti