Finalmente ci siamo, torna in sala e in DVD, in versione restaurata, Les Enfants du Paradis, il capolavoro di Marcel Carné. Per celebrarlo a dovere – oltre a rimandarvi al sito dedicato, con molti materiali editi e inediti – offriamo in anteprima un estratto del libretto di accompagnamento al DVD della Cineteca di Bologna, in vendita da giovedì 28. Si tratta del ricco saggio di Roberto Chiesi, da leggere dopo il salto.

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La disavventura italiana (a lieto fine) di Les Enfants du Paradis

Roberto Chiesi

Dopo il trionfo di critica e pubblico di Les Visiteurs du soir (L’amore e il diavolo, 1942), Marcel Carné e Jacques Prévert avevano deciso di continuare “a rifugiarci nel passato per evitare i fulmini della censura di Vichy. Lavoro-Patria-Famiglia: tre concetti con i quali non si poteva scherzare. Sebbene la Patria, in quel momento…” (Marcel Carné, Gusto di vita, Longanesi, Milano 1982, p. 148). L’ambientazione in un’altra epoca consentiva infatti di dissimulare con maggior efficacia le allusioni all’opprimente presente dell’occupazione e quindi offriva agli autori una maggiore libertà creativa, confortata oltretutto dai mezzi ingenti messi a disposizione dal produttore André Paulvé, che nutriva assoluta fiducia in un binomio di autori finora sempre aureolati dal successo.

Carné e Prévert non faticarono a convincere la produzione a sostenere il loro progetto perfino quando, già all’inizio della stesura del soggetto, apparve chiaro che la storia del mimo Baptiste Deburau, della bella Garance, di Frédérick Lemaître, Lacenaire, Nathalie e della folla di altri personaggi del Boulevard du Crime, avrebbe preteso una durata di gran lunga superiore a quella convenzionale. Come racconta lo stesso Carné: “il film ‘cresceva’. ‘Cresceva’ infatti tanto bene che in breve tempo ci accorgemmo del pericolo di superare l’abituale lunghezza. Dovevamo infatti non solo raccontare una storia con numerosi personaggi, ma anche – soprattutto perché si diceva che alcuni di essi avevano un grosso talento o erano addirittura dei geni – mostrarli nell’esercizio del loro mestiere. Ciò avrebbe richiesto molta pellicola e non era esagerato pensare che il film sarebbe durato due ore e mezza, se non di più”(Gusto di vita, cit., p. 150). Alla fine, Les Enfants du Paradis sarebbe arrivato a durare tre ore e un quarto.

Paulvé accettò le condizioni di un autore che aveva dimostrato di conoscere ‘il polso del pubblico’ e gli propose di presentare Les Enfants du Paradis in due parti. Carné accettò ma ponendo la condizione che fossero proiettate insieme. Le riprese quindi iniziarono il 16 agosto 1943 negli studi della Victorine a Nizza, ma furono improvvisamente interrotte a settembre a causa dello sbarco degli alleati in Sicilia. Dal momento in cui ripartirono, il 9 novembre 1943, Carné si industriò per protrarre in tutti i modi i tempi della lavorazione per poter presentare il film nella Francia liberata dai nazisti. Così fu: Les Enfants du Paradis fu proiettato in serata di gala il 9 marzo 1945 al Palais de Chaillot (la Francia era libera da poco più di sei mesi) e la settimana dopo (il 15 marzo) ebbe luogo la prima proiezione pubblica a Parigi, ai cinema Madeleine e Colisée.

Nel frattempo la produzione era stata assunta dalla Pathé e le prime sale in cui il film fu proiettato appartenevano alla Gaumont che sollevò obiezioni per la durata anomala. Ma Carné, sfruttando ancora il credito ottenuto con il grande successo dei suoi film precedenti, riuscì a persuaderli a proiettare le due parti del film una di seguito all’altra, con i titoli Le Boulevard du Crime e L’Homme Blanc. “Fu persino accettata la prenotazione del posto. Il prezzo dei biglietti venne raddoppiato, passando dai quaranta agli ottanta franchi” (Gusto di vita, cit., p. 160).

La determinazione di Carné fu ripagata da un nuovo trionfo: il pubblico affollò le sale e il film rimase in cartellone per cinquantaquattro settimane. Data l’eccezionalità delle circostanze, il visto di censura fu rilasciato soltanto in un secondo tempo (ottenne senza nessuna difficoltà il nulla osta numero 271 del 15 febbraio 1946) e quando venne presentato per la prima volta all’estero, alla Mostra del Cinema di Venezia nel settembre del 1946, l’accoglienza internazionale non fu meno calorosa. Se in Francia l’anomala lunghezza non solo non aveva danneggiato le potenzialità commerciali del film ma anzi aveva probabilmente contribuito a renderlo un evento unico, un fenomeno culturale e sociale che sanciva la liberazione del paese, in alcuni paesi esteri, come Italia e Stati Uniti, invece, Les Enfants du Paradis finì per subire la censura dei distributori.

In particolare, nella penisola il film di Carné e Prévert divenne una vittima esemplare della miopia e dell’ottusità di una società distributiva che non tenne in nessuna considerazione l’esito commerciale straordinario ottenuto in patria e ritenne che, “normalizzato” ad una durata canonica, avrebbe magari incassato anche di più. La società italiana che deteneva i diritti del film per l’Italia, la Scalera Film dei fratelli Michele e Salvatore Scalera aveva stretto un accordo già dal 1943 con Paulvé, preacquistando per la distribuzione italiana L’amore e il diavolo (che sarà distribuito solo nel 1949) e, appunto, Les Enfants du paradis. Ma la Scalera conobbe varie traversie dopo la fine della guerra: i produttori si erano infatti compromessi con il regime fascista che li aveva largamente agevolati e spesso anche finanziati. Così, nel 1945 Michele Scalera finì sotto processo. Fu assolto ma sul buon nome della società continuava a pesare una fama poco lusinghiera. Forse anche per rifarsi una verginità, la Scalera distribuì in quel periodo alcuni di quei film rimasti inediti in Italia a causa della censura del regime, come La grande illusione di Renoir, e partecipò perfino all’avventurosa coproduzione di Otello di Welles.

Nel 1950 però il passivo della Scalera raggiunge la cifra di un miliardo e mezzo di lire e nel 1952 la società finirà per essere messa in liquidazione. Appena un anno prima del fallimento, agli inizi del 1951, la società distribuì nelle sale italiane Les Enfants du Paradis, infliggendo al film una serie di modifiche grossolane e arbitrarie che lo snaturarono completamente. Infatti la Scalera impose un titolo melenso e banale come Amanti perduti e soprattutto massacrò il capolavoro di Carné-Prévert tagliando 83 dei 189 minuti della durata originale, riducendo così le due parti ad un unico lungometraggio di 106 minuti. In particolare furono eliminate le sequenze delle splendide pantomime di Jean-Louis Barrault e numerose scene che riguardavano il ‘dietro le quinte’ del Théâtre des Funambules: sequenze essenziali per il contrappunto fra finzione e realtà, fra arte e vita quotidiana nel Boulevard du Crime, che costituisce uno degli aspetti più significativi e affascinanti del film, oltre che un elemento essenziale per la definizione dei personaggi. Ma i tagli infierirono, parzialmente, su numerose altre scene: una metà delle sequenze fu infatti accorciata all’inizio o alla fine così che anche il respiro di singole sequenze e la loro dialettica con quella successiva fu sfregiato e compromesso.

Il cinema di Carné-Prévert era sempre stato la ‘bestia nera’ della censura del regime fascista che aveva ostracizzato i film del realismo poetico ritenendoli “disfattisti” e “sovversivi” (aveva prima proibito, poi tagliato e manipolato Il porto delle nebbie, ribattezzandolo La riva del destino). I loro film erano accompagnati in Italia da una fama sulfurea (oggi inimmaginabile) di spregiudicatezza e perfino di immoralità, ma nel caso di Les Enfants du Paradis la censura ministeriale non ebbe nulla da eccepire, se non un ridicolo divieto ai minori. Leggiamo infatti nello scarno verbale della commissione di censura: “Revisionato il film il giorno 16.05.1950. Si esprime parere favorevole alla programmazione in pubblico a condizione che sia vietata la visione ai minori dei sedici anni”. Il nulla osta n. 7883 venne concesso il 16 maggio 1950 ma la data del documento ministeriale reca quella del 20 gennaio 1951.

Per diciotto anni Les Enfants du Paradis circolò quindi in Italia così ridotto e massacrato. Finché, nel 1969, Gian Luigi Rondi ebbe la lodevole iniziativa di curare una retrospettiva televisiva per la RAI, intitolata Momenti del cinema francese e dedicata a Marcel Carné e Jacques Becker. Del primo furono trasmessi Il porto delle nebbie, Alba tragica e Les Enfants du Paradis, per la prima volta presentato a un vasto pubblico in versione integrale, doppiato in italiano e diviso nelle due parti in cui era stato proiettato a suo tempo in Francia, Il boulevard del delitto (trasmesso il 29 agosto 1969 alle 21) e L’uomo in bianco (il 6 ottobre alla stessa ora). Erano ancora i tempi – oggi definitivamente perduti – in cui la televisione di stato svolgeva talvolta una funzione culturale importante, in questo caso addirittura riscattando i misfatti della distribuzione cinematografica.

Negli anni Ottanta il film fu edito in videocassetta sempre in edizione integrale, diviso in due parti e nel 2004 la BIM editò un cofanetto Dvd comprendente la versione integrale con i sottotitoli e, come extra, l’edizione italiana del 1951, tagliata e doppiata. Ma è l’edizione restaurata dall’Immagine Ritrovata nel 2011 per Pathé (che qui presentiamo in edizione Dvd) a ritrovare, finalmente anche in Italia, la via maestra delle sale cinematografiche.

 Si ringraziano Marzia Ruta di Italia Taglia – Fondazione Cineteca di Bologna e Lapo Gresleri