Lo scorso anno è stato il turno di Riccardo Freda e il suo cinema popolare, quest’anno la retrospettiva a cura di Emiliano Morreale è dedicata a Renato Castellani, “uno dei registi più affascinanti, e meglio invecchiati, del cinema italiano tra anni Quaranta e Cinquanta”. Si è deciso di partire dal primo film dell’autore ligure: Un colpo di pistola, pellicola del 1942 tratta dal breve racconto omonimo di Puskin. La storia narra
di un triangolo amoroso, due vecchi amici sono innamorati della stessa donna e si sfidano a duello per questa.

Il film di Castellani è stato accusato più volte di essere troppo calligrafico rispetto all’opera di partenza, ma il regista stesso dichiarò l’intenzionalità di realizzare un film “un po’ in punta di penna, all’insegna dell’eleganza” e non si trovò in linea con le critiche ricevute. Altra critica mossa al film è stata la debolezza dei tre personaggi principali considerati seriosi, fatui o tacciati di estrema civetteria. Forse queste critiche sono troppo severe o più probabilmente azzeccate, sta di fatto che la prima visione nell’atmosfera cinefila del Cinema Ritrovato e la fruizione della pellicola come opera originaria e non come adattamento (non avendo conoscenza diretta del racconto di partenza) permette di apprezzare la bellezza di un film in costume che porta avanti una struttura fatta di coincidenze narrative atte a scandire e motivare i momenti di passaggio della vita e dei conflitti tra i personaggi, ma anche interni ad essi.

È un film che tratta argomenti molto classici e inflazionati, lo fa secondo gli stilemi di genere, l’amicizia tra due uomini (ufficiali zaristi) viene seriamente compromessa dall’amore per una donna giovane attraente e provocatrice. Il tutto si trasforma in una questione d’onore, l’affronto va lavato col sangue, ma la furia si placa a favore di quel piatto che diventa più gustoso se servito freddo: la vendetta. Ma raffreddandosi muta, con il passare del tempo diventa tutto molto lontano e il protagonista sembra pronto al perdono e alla pubblica ammenda. Però il fuoco non si è ancora spento e nel momento in cui le braci vengono smosse il conflitto ritorna prepotentemente a galla facendo presagire il duello tanto sospirato. Ma anche questo colpo di pistola viene risparmiato e l’iddilio amoroso è alle porte. Un dramma dal lieto fine, un film italiano ambientato in Russia, fortemente contestualizzato grazie a una messa in scena suggestiva e maniacale che rende efficace l’ambientazione della Russia ottocentesca grazie a sequenze come quella iniziale nella quale un lago ghiacciato e pochi costumi di scena collocano ben presto la vicenda su di un piano storico e geografico.

È un dramma ottimista che dimostra molta fiducia nella ragione dell’uomo e soprattutto nella forza dell’amore. Tutto ciò forse depotenzia l’impatto drammatico del racconto e la profondità dei personaggi, ma non compromette una buonissima opera prima di un regista esordiente in piena età fascista, con tutto ciò che significava adattare per il cinema un romanzo sovietico.

Stefano Careddu