L’apertura della ricca sezione Cento anni fa del Cinema Ritrovato è stata particolarmente affascinante per la cinefilia. Il programma numero uno, infatti, era intitolato Il cinema fa del cinema, e dedicato ad alcuni film del ’13 in cui la macchina cinematografica riflette e specchia se stessa. Altro che postmoderno o autoriflessività del mezzo, qui – nel pieno del cinema muto, e poco dopo la stagione primitiva – troviamo opere dedicate al mezzo espressivo, sia nella sua natura meccanica sua in quella d’immaginario. Prendiamo Léonce cinématographiste, dove il grande Léonce Perret, raccontato nel dietro le quinte e nella sua identità di attore, viene sospettato dalla moglie di mascherare una tresca attraverso il lavoro sul set. E così, l’industria del cinema, e in particolare la Gaumont, diventa il luogo di svolgimento di una farsa divertita e curiosa. Ancor più sorprendente Die Ideale Filmerzeugung, animato in una forma rudimentale di passo uno, dove un pacco confezionato con una pellicola si scarta da solo, e il “film” cammina da solo fino alla fabbrica per farsi perforare, poi si trasforma in bobina, viene utilizzato all’interno di una macchina da presa, stampato e infine nuovamente impacchettato per la spedizione. Una fantasia meccanica, non del tutto ignara di un certo spirito avanguardista, firmata Ludwig Schaschek, che ha deliziato il pubblico.

Più che in una Cinefilia Ritrovata, questi film ci hanno riportato a una cinefilia primitiva, dove la capacità di rappresentare (e non  occultare) il cinema stesso serve a noi spettatori contemporanei per comprendere ancora una volta la longevità del fascino della settima arte. In fondo, seduti in sala cent’anni dopo, fruizione, sorpresa e delizia non sono troppo differenti da allora.

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