Il 1962 è un anno importante nella filmografia di Chris Marker: subito dopo La jetée, l’occasione per girare Le joli Mai sono gli accordi di Evian, che nell’aprile di quell’anno mettono fine alla guerra d’Algeria. Come ricorda l’incipit del docu-saggio, Parigi è certamente la città più bella del mondo in quel momento, scenario della “prima primavera di pace”: ma i parigini lo sanno? Yves Montand dà voce al discorso di Marker e Pierre Lhomme, che co-firma la regia: si snoda tra le vie di Parigi, i quartieri popolari, la borsa della città, le bidonville in periferia, la Renault, le piazze della protesta e quelle di sterili celebrazioni ufficiali; si commuta subito in indagine antropologica, ancorandosi ai volti e alle parole di ogni intervistato, nell’evidenza costante che la macchina da presa colga, nonostante tutto, molto più della dialettica verbale (un ragno su una manica, un’espressione sullo sfondo).
La versione vista al Cinema Ritrovato è quella restaurata in 2K dal laboratorio Mikros Image insieme a CNC – Archives Françaises du Film, accorciata rispetto a quella originale secondo il volere dei registi, i quali, come riporta il catalogo del festival, “non hanno mai considerato la versione iniziale del film come definitiva”. Ecco, Le joli Mai potrebbe non finire mai, potrebbe essere una disposizione continua e illimitata di racconti, situazioni, spazi negli spazi, da un lato così precisamente connotati da mese, anno e ambientazione, dall’altro frammenti svincolati da un vero e proprio ordine cronologico: tutti i giorni di maggio sono quel maggio, che è Storia ma che è anche uguale a tutti gli altri.
Nella prima parte la domanda sulla ricerca della felicità passa per le percezioni individuali, tra allegra indifferenza e sfacciata semplicità; nella seconda paiono prendere più corpo le moltitudini, evocate dal comparire di operai in sciopero, dalla riflessione sul tempo libero, dalla naturale contrapposizione di religione e ideale politico che viene a galla nelle parole di tanti, dalla rievocazione delle proteste contro l’OAS finite in tragedia. Tantissimi gli elementi indimenticabili che contribuiscono all’unicità del tutto: la voce di Montand, i contrappunti di espressioni feline, le bombe atomiche che mutano il clima, il gommista pittore, il non-più-prete sindacalista, i fidanzati speranzosi, le lucide parole di un giovane algerino, la frequente ironia innescata per contrasto, le civette o le colombe. A ognuno il proprio segmento preferito di Le joli Mai.
Chiara Checcaglini