Uno degli eventi più attesi di questa edizione del Cinema Ritrovato è stata certamente la proiezione di Roma città aperta di Roberto Rossellini nella versione appena restaurata dal laboratorio bolognese L’Immagine Ritrovata, in collaborazione con Cinecittà Luce e CSC – Cineteca Nazionale. Hanno parlato del restauro Gianluca Farinelli (direttore della Cineteca di Bologna), Emiliano Morreale (conservatore presso la Cineteca Nazionale a Roma), Franca Farina (curatrice del restauro del 2006) e Davide Pozzi (direttore del laboratorio L’immagine Ritrovata). Il restauro di Roma città aperta fa parte di un progetto di restauro più vasto che comprende 10 film di Roberto Rossellini di cui l’Istituto Luce ha acquisito i diritti. Il restauro di Roma città aperta arriva dunque dopo quello di La macchina ammazzacattivi, India, Viaggio in Italia, Stromboli, L’amore.

Il deposito da parte dello stesso Rossellini, nel 1968, del negativo macchina nitrato e del negativo colonna nitrato presso la Cineteca Nazionale ha permesso di basarsi sul miglior elemento possibile per risalire all’aspetto originario del film; e ha dato modo di verificare effettivamente le leggendarie condizioni del negativo, composto da svariati stock di pellicola diversi, spesso scaduti, recuperati rocambolescamente da Rossellini durante le riprese nella Roma appena liberata. Il restauro digitale del 2013 è avvenuto a partire da un precedente restauro digitale del film realizzato nel 2006 dalla Cineteca Nazionale: la curatrice Franca Farina ne ha illustrato le fasi, dall’analisi dei circa 150000 fotogrammi per ricavare i codici dei numerosi stock di negativi utilizzati, al lavaggio, alla stampa di una copia positiva sotto liquido per riempire i graffi della pellicola, fino alla scansione 2K e al restauro digitale, e alla successiva registrazione laser dei byte da cui è stata poi ricavata la copia sonora finale ufficiale.

Davide Pozzi ha invece spiegato le motivazioni che hanno portato a un nuovo restauro da parte de L’Immagine Ritrovata: la principale è la rapidissima evoluzione del restauro digitale negli ultimi anni. Alcuni test hanno infatti evidenziato che la scansione 4K (ovvero con risoluzione di quattro volte superiore al 2K e inesistente fino a pochi anni fa) permette ora di raggiungere una resa della definizione e della grana paragonabile alla pellicola 35 mm. Avendo a disposizione il negativo macchina, il restauro non è stato particolarmente problematico dal punto di vista editoriale, ma ha comportato 200 ore di riparazione manuale a causa delle pessime condizioni della pellicola. Pozzi si è poi soffermato sull’”etica” del restauro cinematografico che accompagna ogni decisione nel corso del workflow e che differisce di caso in caso: come in un continuo dialogo con il film, è importante riflettere a lungo su ogni scelta avendo sempre in mente che il risultato finale deve innanzitutto rispettarne lo spirito originario.  Nel caso di Roma città aperta, proprio a causa delle imperfezioni che lo caratterizzano per le difficilissime condizioni di ripresa (flickering, errori di esposizione e di illuminazione) era importante resistere alla tentazione di “migliorare” il film digitalmente: l’operazione si è dunque concentrata sulla resa della definizione, mentre sono stati mantenuti tutti i difetti profilmici originali. D’altra parte l’aneddotica sulle riprese di Roma città aperta è vastissima, e la storia della sua lavorazione è parte integrante del film stesso e inscindibile dal suo aspetto per come lo conosciamo: è anche la sua imperfezione che rende Roma città aperta un film unico e memorabile.

Chiara Checcaglini