Wim Wenders ritorna al film di finzione dopo sette anni nei quali ha confermato notevoli doti da documentarista con Pina (2011) prima e Il sale della terra (2014) poi. James Franco interpreta Tomas Eldan, scrittore in piena crisi creativa che tenta la strada dell’isolamento e della solitudine per ritrovare l’ispirazione. L’evento catalizzatore del film (proiettato in questi giorni al Lumière in versione originale sottotitolata) è un incidente automobilistico che sconvolgerà la vita di Tomas, di Kate (Charlotte Gainsbourg) e del piccolo Cristopher (Robert Naylor /Philippe Vanasse-Paquet).

Il film si dispiega per i successivi undici anni, proponendosi di riflettere sui cambiamenti che un evento di tale portata possa avere sull’essere umano. Il punto di vista centrale rimane quello di Tomas (farcito dalle relazioni complicate con donne, editori e figliastre) alternato a quello di Kate e Cristopher. Lo scrittore, dopo un primo momento di crisi, trae beneficio professionale dall’incidente, migliorando la propria scrittura e divenendo un romanziere di successo. Nonostante la fama ottenuta però rimane un uomo turbato, personaggio di difficile comprensione. Sembra non riuscire a trovare pace, ritorna sul luogo dell’incidente, vorrebbe aiutare Kate e il figlio, ma allo stesso tempo è troppo egoista per farlo realmente.

Per contro invece la vita della donna e del bambino procedono tranquillamente. Kate cerca in ogni modo di trovare un appiglio: nel lavoro, nella passione per il disegno e infine nella religione. Non porta rancore verso Tomas, lo accoglie in casa sua e sembra quasi sia necessario per lei instaurare un rapporto con l’uomo, come se chiunque altro estraneo a quel terribile evento non potesse esserle utile. La sua vita è solitaria, immersa nella neve, nei bellissimi colori dell’Ontario e gli unici rapporti che ha sono quelli con il figlio e lo scrittore. Cristopher crescerà come un normale bambino, in adolescenza leggerà l’opera di Eldan, cercherà di prenderlo ad esempio, sognando anch’egli di diventare scrittore. Il ragazzo sembra vedere nel romanziere la figura paterna che gli è sempre mancata e della quale effettivamente non sappiamo nulla.

Ricordando per certi (pochi) versi Boyhood di Richard Linklater, Wenders non è interessato a fotografare i momenti salienti delle vicende, come ad esempio l’elaborazione del lutto di Kate, la rottura di Tomas con Sarah (Rachel McAdams) o la nascita dell’amore con Ann (Marie-Josée Croze). Preferisce evitare, lasciar intendere, il suo scopo è l’indagine del senso di colpa e delle reazioni che questo terribile incidente ha provocato nei personaggi coinvolti.

Centrale è la funzione della colonna sonora, composta e diretta da Alexandre Desplat, che, intrecciata a inquadrature chirurgicamente studiate, morbidi e lenti movimenti di macchina, rimanda a un certo cinema di Hitchcock e alle musiche del suo compositore feticcio, Bernard Hermann. La scelta di conferire tale cifra stilistica al film è alquanto originale trattandosi di una pellicola non facente parte del genere thriller, seppur molte volte lo spettatore è portato a credere che lo possa diventare. Wenders sembra volere giocare con gli stilemi di genere per risolvere il più grande mistero del film, cioè la comprensione di Tomas Eldan.

L’indagine che interessa è interiore al personaggio. Che cosa è successo nella sua mente dopo l’incidente?

Stefano Careddu