Parliamo oggi di due libri presentati nella Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna durante l’edizione 2014 del Cinema Ritrovato, con la partecipazione di Monica Dall’Asta, Noa Steitmatsky e Colin MacCabe. La fortuna del pensiero di André Bazin non ha mai conosciuto eclissi né appannamenti, perché, anche nel corso dei sei decenni successivi alla sua morte (avvenuta a soli quarant’anni l’11 novembre del 1958) la sua opera ha continuato ad essere un punto di riferimento imprescindibile per la critica e la teoria del cinema. Ma ecco che Hervé Joubert-Laurencin (professore di estetica e storia del cinema all’Université Paris Ouest-Nanterre) scuote questo quadro consensuale denunciando due fenomeni negativi: il bazinisme ossia la museificazione (e la banalizzazione fuorviante) di un’opera e di un pensiero che non vengono più affrontati spregiudicatamente, con vitalità problematica e da nuove angolazioni; l’oblio calato su quel continente sepolto che sono le migliaia di articoli, tutt’altro che trascurabili, scritti da Bazin nella sua fertile attività giornalistica dal 1941 alla morte.

Joubert-Laurencin dimostra la sua tesi con due libri significativi, entrambi editi dalle raffinate Editions de l’Œil: Ouvrir Bazin, la raccolta degli atti di due convegni del 2008 (uno parigino e un altro tenutosi a Yale) e Le Sommeil paradoxal. Écrits sur André Bazin che riunisce i saggi che lo studioso ha dedicato all’autore di Che cos’è il cinema? dal 1993 al 2013.

In attesa di curare la pubblicazione dell’opera omnia (a fine anno, per le edizioni Cahiers du Cinéma) da cui ci si attendono non poche sorprese, Joubert-Laurencin, con la collaborazione di Dudley Andrew, riapre quindi il dibattito sul pensiero di Bazin, nel primo libro, riunendo i contributi (fra gli altri) di Colin MacCabe (Bazin moderniste), Ludovic Cortade (sull’importanza degli studi scientifici compiuti in gioventù per il suo stile letterario), Antoine de Baecque (sulla vitalità e il “metodo” del polemista), Thomas Elsaesser (su cinquant’anni di letture della sua opera), Monica Dall’Asta (sul rapporto Bazin-Benjamin) e Noa Steitmatsky (sul fondamentale testo su Le Journal d’un curé de campagne di Bresson).

In Le Sommeil paradoxal lo stesso Joubert-Laurencin si misura nuovamente al realismo ontologico e sui paradossi dello scrittore di cinema, dal documentario alla Nouvelle Vague, dalla politica degli autori al confronto con due altri maestri della critica francese, Serge Daney e Barthélemy Amengual.

 

Roberto Chiesi