In occasione di Visioni Italiane è stato presentato il restauro di Palombella rossa  realizzato dalla Cineteca Nazionale, la proiezione, accompagnata dall’incontro con il regista e lo scenografo Giancarlo Basili, è servita a Nanni Moretti per riflettere sulle dinamiche  che hanno portato alla realizzazione del film.

Ben disposto verso il pubblico con il quale si è intrattenuto distribuendo una marea di autografi, Moretti non si è però lasciato estorcere, nemmeno con le buone maniere, commenti a caldo sulla situazione politica italiana. Quale miglior pretesto il paragone tra la crisi della sinistra nel 1989 e la sinistra attuale?…Ma niente, parole al vento e risate consolatorie. Il regista, invece, ha voluto porre l’accento su quelli che riteneva fossero i punti principali della genesi di Palombella rossa, primo fra tutti la visione del cinema italiano della seconda metà degli anni ’80 da parte dello spettatore Moretti, una delle chiavi di lettura di questa pellicola che, come lui stesso spiega, si allontana volutamente da un ritorno d’accademismo, trasformandosi in una studiata “reazione a questi compitini ben fatti”.

“Mi sono detto sì voglio raccontare la confusione, la crisi di un militante comunista, però non lo voglio fare al solito modo realistico, voglio raccontare tutto ciò in maniera narrativamente più libera”, ed è per questo che decide di scrivere da solo la sceneggiatura, la trama segue le regole del mondo onirico, i suoi tempi, le sue attese, le sue associazioni che giustificano le paradossali reazioni di un protagonista ossessionato dal linguaggio, dai flashback e dai suoi sogni: “A un certo punto compare mia figlia, così dal nulla, ecco magari uno sceneggiatore di professione mi avrebbe detto “Vabbè ma allora la mamma con questa figlia, cioè tua moglie…Sei vedovo? Sei separato? Allora se ne deve parlare!” Tanti passaggi che vengono considerati obbligati in una sceneggiatura tradizionale io li saltai in questo film, a un certo punto io comincio a cantare Battiato, perché? Non lo so”.

Il film, che vede Moretti nei panni del comunista Michele Apicella, è da lui ricordato come il più impegnativo per quanto riguarda lo sforzo fisico. Definito hardcore, perché non simulato, dal critico e amico Giovanni Buttafava, mostra Nanni impegnato a giocare a pallanuoto, dirigere la troupe e urlare in piena notte nell’acqua non troppo riscaldata per evitare i fastidiosi vapori della piscina, nulla è simulato come non lo sono gli schiaffi inflitti alla petulante giornalista sportiva. “Avevo chiesto a un mio amico di girare un documentario, un diario del mio film, poi a un certo punto mi sono accorto che era talmente curiosa la situazione in cui ci trovavamo che ho cancellato questo documentario, questo backstage, perché avevo paura che diventasse più bello del film, perché erano delle condizioni un po’ folli in cui giravamo”.

Tutta la troupe, ovviamente, è stata coinvolta in situazioni estreme, Giancarlo Basili ha ricordato il lungo e sofferto viaggio intrapreso nel sud Italia, da Pescara a Napoli seguendo la costa, non contento anche le isole, alla ricerca di un’ideale piscina. Si è poi scelta quella delle terme di Acireale, modificandone la struttura, assemblando le parti più interessanti di tutte le piscine viste in quei mesi. Perché proprio Acireale? Perché si vede il mare, aveva spiegato Nanni, ma “alzando la macchina il mare non si è mai visto”. Un altro motivo che ha spinto il regista lontano da Roma (scelta sicuramente meno onerosa) è stato voler far giocare al suo protagonista una partita di pallanuoto in trasferta: “Volevo che questo personaggio avesse il pubblico contro, che avesse l’ostilità del pubblico”.

Una riflessione disincantata sulle ideologie politiche scandita dal ritmo incalzante di una lunga gara, dal suono perforante dei fischi dell’arbitro, dallo sciabordio dell’acqua, dal Budavari che bisogna marcare, e dalla melodia di I’m on fire che per un momento placa gli animi. Palombella rossa non ha bisogno di ulteriori commenti, il suo forte messaggio riesce ancora a toccarci, a commuoverci nonostante il profondo legame con un contesto storico ben preciso, e questo dovrebbe bastarci, ma sorgono alcune domande, forse le stesse che nel film Apicella rivolge all’allenatore e che noi vorremmo porre al regista: “Non mi parli mai di te, tu non mi parli mai delle cose importanti della tua vita, io non so niente di te, non mi parli mai dei tuoi ricordi”, e Nanni potrebbe replicare “Certo che vi parlo di me ma non come voi vorreste!”.

Spesso, e questa è una sfortuna per Moretti, il pubblico non è riuscito ad assimilare i lavori degli ultimi anni, che mancando di aggressività e criticità, vera e propria rabbia e insolenza che sembrava essere prerogativa del suo cinema, mostrano una maturità stilistica forse inaspettata ma non per questo meno interessante.

Cecilia Cristiani