Per il ponte del 1 maggio, nella folta programmazione del Lumière, Cinefilia Ritrovata sceglie di parlare di Il treno va a Mosca, frutto del sempre più fiorente lavoro che si sta compiendo sugli home movies. L’occasione è unica: nel 1957 Sauro Ravaglia, giovane comunista della provincia di Ravenna, parte alla volta di Mosca per partecipare Festival della gioventù socialista. Il racconto della sua spedizione, realizzato con i filmati amatoriali da lui girati all’epoca (e conservati da Home Movies – Archivio nazionale del film di famiglia), colpisce in maniera acuta, così come i sentimenti di disillusione o di riconsiderazione della propria militanza, offerti in maniera soffusa, delicata e malinconica. Ed ecco la parole dei registi:

Per Sauro, come per molti della sua generazione, l’utopia non era solo un’idea politica ma una prospettiva che quasi si poteva toccare con mano. Per noi che siamo cresciuti in un’epoca in cui non si sogna più una società ideale, fare un film come questo è un tentativo di far riaffiorare quel desiderio di utopia che, anche solo per motivi anagrafici, non abbiamo mai sentito come nostro. Per farlo abbiamo scelto due assi portanti: i filmati 8mm inediti che Sauro e i suoi compagni Enzo Pasi e Luigi Pattuelli hanno girato a partire dagli anni ’50 (conservati a Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia) e il racconto dello stesso protagonista oggi. I film amatoriali sono uno sguardo unico su un’epoca, un occhio soggettivo che vale più di qualsiasi ripensamento o smentita successiva. Il film è il risultato di un lavoro di montaggio e rielaborazione, visiva e sonora, di oltre tre anni. Abbiamo cercato di rispettare lo sguardo originario costruendo però una narrazione più fluida e stratificata, trasfigurando a volte gli 8mm laddove la narrazione lo richiedeva e recuperando registrazioni e documenti sonori dell’epoca. L’idea era quella di raccontare la nascita e la morte del grande sogno comunista in Italia affidandosi molto di più allo sguardo di un tempo che alle parole di oggi. La traiettoria di Sauro è una parabola eccezionale della militanza, dall’utopia alla sua fine, oltre che un racconto di formazione. Eccezionale soprattutto perché la disillusione, per lui, non è stata un motivo di ritrattare gli ideali con cui è cresciuto bensì un momento di passaggio e di maturazione, trasformatosi poi in uno stimolo a continuare a viaggiare, cosa che ha fatto per tutta la vita. Con lo stesso materiale si sarebbero potute raccontare centinaia di storie con centinaia di punti di vista diversi. Abbiamo però la convinzione di aver fatto, se non il film migliore possibile, quello più vicino alla nostra sensibilità e, al tempo stesso, fedele alla visione del mondo dei protagonisti.”

Federico Ferrone, Michele Manzolini