Per l’ultimo appuntamento di “Cinema all’Ambasciatori. Otto libri sotto le stelle”, l’ospite d’onore è stato Francesco Casetti, docente di Media Studies presso l’Università di Yale, il quale ha conversato con i professori Giacomo Manzoli e Francesco Pitassio sul suo ultimo libro: La galassia Lumière, titolo ambizioso ma sicuramente esplicativo. Se per il guru Marshall McLuhan la galassia era Gutenberg, infatti, per Casetti l’idea di infinità abbraccia perfettamente la dimensione cinematografica, “ulteriore rivoluzione nel campo della scrittura”, che è “priva di un unico baricentro, pronta a realizzarsi in diverse forme, costretta a confrontarsi con altri tipi di esperienza, e tuttavia dotata di una sua identità”. Casetti illustra, in tal senso, sette grandi processi, Sette parole chiave per il cinema che viene (come cita il sottotitolo): rilocazione, reliquie e icone, assemblage, espansione, ipertropia, display, performance. La teoria da dimostrare è che il  cinema non è morto, come da tempo in molti affermano; si limita ad assorbire altri linguaggi, cambiando la sua forma ma non la sua sostanza. Qualche minuto prima della presentazione, anche noi abbiamo avuto una piccola conversazione con l’autore.  

1) Nel suo libro si parla di “rilocazione” in opposizione a “morte del cinema” tradizionalmente inteso, che in molti sostengono. Le proiezioni in piazza Maggiore del “Cinema sotto le stelle” si possono considerare una forma di rilocazione? Cosa ne pensa?

Certamente sì, direi una delle più classiche, insieme al salotto di casa propria: spazi pubblici e spazi privati. La tesi del libro, appunto, è che il cinema non è una macchina, una tecnologia, ma una forma d’esperienza o anche, potrei dire, una forma di situazione, come sostenevano diversi studi di filmologia. E’ una situazione che si può trapiantare in diversi luoghi. I luoghi sono importanti: nel libro affermo che c’è una continuità del cinema, influenzata dal posto dove il film va a finire.

2) Secondo Lei qual è il luogo o il modo migliore per godere dell’esperienza cinematografica?

Sostenendo la tesi del libro, e io ne sono sempre più convinto, in effetti non c’è un luogo migliore. Dovendo scegliere, sicuramente la sala è ancora il più piacevole. Nel libro cito un’inchiesta apparsa sul sito apartmenttherapy.com, in cui alla domanda: “Dov’è il posto più piacevole dove guardare un film?”, la risposta da parte del pubblico femminile è stata: “A letto, possibilmente con il proprio partner o con il proprio cane o gatto.”

3) Nelle sale, durante le proiezioni, si vede spesso il pubblico con in mano il proprio smartphone o iphone: significa che si sta perdendo l’interesse per il cinema o che si è diventati multitasking?

Si è semplicemente diventati multitasking ma, soprattutto, il cinema ormai “abita” nei luoghi dove l’attenzione è multitasking. La terza situazione, dopo l’attenzione focalizzata (quella del culto, contro cui Benjamin si scagliava) e la distrazione (quella che a Benjamin piaceva molto), è l’attenzione multitasking: c’è il cinema con il paesaggio, di cui ne è un pezzo; il cinema non è più al centro del paesaggio. Essere multitasking vuol dire moltissime cose ma di certo non è un discorso nuovo.

4) Quali sono i registi che, secondo lei, contribuiscono al rinnovamento dell’esperienza filmica?

Ce ne sono alcuni che, a Hollywood, l’hanno rinnovata da un punto di vista meramente cinematografico: il cinema indebitato con la Marvel, per esempio. Molti rinnovamenti provengono anche dai bordi del cinema, cioè da parte di registi sperimentatori che svolgono un lavoro estremamente interessante. Molto altro proviene fuori dal cinema: di recente, ho visto un’installazione di Douglas Gordon a Parigi, alla fondazione Vuitton, che è una straordinaria riflessione su ciò che il cinema può dare.

5) Qual è la sezione del “Cinema Ritrovato” che più le interessa? In che modo si può connettere ai temi del libro?

Oggi sono capitato per errore in una sezione che non mi sarei aspettato: c’erano dei film di Cappellani e dei feéries, che volevo vedere poiché li conosco poco. Poi ho scoperto che erano proiezioni per bambini. E i bambini intervenivano, interloquivano, facevano domande: questo è un bell’esempio di rilocazione. Eppure il cinema è ancora presente, anche se in una maniera del tutto differente da quella a cui siamo abituati.

Denise Penna