100 anni fa: il glorioso 1913” è stata una delle sezioni più apprezzate al Cinema Ritrovato. Nell’ambito dei primi film, i più antichi, il più grande contributo in questi anni lo ha sempre dato Mariann Lewinsky, che abbiamo deciso di intervistare.

Sappiamo che sei una grande collezionista…
Non faccio collezioni, faccio programmi: direi che il punto centrale del mio lavoro è veramente trovare un giusto modo di presentare tutti quei film che sono difficili da trovare.

Come è nata la sua passione? Un film in particolare?

In realtà non so veramente come iniziò tutto, ci sono molte cose che non si sanno di se stessi. Ero da sempre affascinata dal passato, un mondo che non esiste più e che grazie al cinema riesci a rivedere. Quando ero giovane, comunque, il primo cinema che mi attirò fu quello giapponese. Mi affascinava la sua enigmaticità: il mistero della lingua (che allora non conoscevo affatto!) e anche la difficile contestualizzazione. Quando per la prima volta vidi un film giapponese, per esempio, non capivo se era ambientato nel Medio Evo o nell’800, e quel problema di collocazione storica mi ha così affascinato che ho deciso di imparare il giapponese. Quindi la prima cosa di cui mi sono occupata è stato il cinema muto giapponese e con esso mi sono resa conto che film come questi ormai non esistevano più. C’era un problema di conservazione e di trasmissione della materia prima. Negli anni ’80 e primi anni ’90, quando facevo il dottorato, mi occupavo ancora di cinema muto giapponese, ma l’idea di tanti film che col tempo andavano perduti mi tormentava sempre di più. Poi tornai in Europa, dove c’erano le giornate del cinema muto a Pordenone e in seguiti sono divenuta amica di Eric Poet che era direttore artistico di Amsterdam e che fu uno dei nostri più grandi maestri.
Credo che ci siano due tipi di intellettuali: quelli che vogliono puntare su cose sicure, e stanno come vicini ad un grande albero e grazie a questo prendono un po’ più di importanza che non hanno, questo è il primo tipo; io sono totalmente dell’altro tipo: voglio essere da sola in un posto dove nessuno è mai stato e dove trovo cose che sono un po’ “fragili”,diciamo, ma a cui posso dare nuova vita grazie alla forza dell’immaginazione e alla forza della passione.

 C’è stato un altro aspetto –ma questo è più personale che altro- nella mia vita che mi ha portata fino qui e che ho capito molto molto tardi. I miei nonni sono nati negli anni ’80 dell’800 quindi vivevano in case di prima della prima guerra mondiale e avevano anche abitudini di vita molto antiche, per esempio c’erano le domestiche, c’era una cuoca ecc. Mio nonno era avvocato e aveva moltissimi volumi di una rivista artistica e satirica, risalenti a prima della guerra, che si intitolava “Semplicissimo”. Quando ero piccola li sfogliavo come se fossero libri illustrati per bambini e mi sono resa conto di tutto ciò soltanto 2 anni fa, quando ormai ero all’ottava edizione di “100 anni fa”, che grazie a queste io sapevo quasi tutto sul mondo di prima della guerra del ’14! Conoscevo tutte le personalità e l’estetica di quei tempi in modo totalmente inconsapevole.

E a proposito della sezione “100 anni fa” ?

Era stata una proposta di Peter von Bagh, se ben ricordo. Me ne occupai la prima volta nel 2003 e mi ricordo che quell’anno Farinelli e Peter si chiedevano se continuare e nel caso a chi affidare il compito. Come sempre era già molto tardi. Io ero lì e ho dissi: me ne occupo io! Ho fatto il programma due settimane prima del festival, facendo arrivare i film qui a Bologna, non avendo un libro stampato con la programmazione, ma solo un piccolo testo sul programma, sistemando poi il tutto. In seguito questo tipo di lavoro diventò la mia vita, vita che d’inverno passavo sempre negli archivi di un po’ tutta l’Europa per preparare i film dell’anno.

 L’aspetto a mio avviso fantastico di questi film è che sono anonimi, cioè i registi non sono conosciuti prima del ’12. Normalmente si conosce solo la casa di produzione. Un problema però è che spesso sono datati in maniera errata e sono pieni di errori, nonostante ogni film degli archivi abbia una relativa descrizione. È importante, almeno per questo tipo di pellicola, capire bene di che anno si tratti, perché è grazie a quelli che si fa la storia di quegli anni di cinema! Nei film tra  il 1904 e il 1910, infatti, ogni anno il cinema cambia in una maniera clamorosa, sono gli anni più dinamici, gli anni nei quali tutto è fatto per la prima volta, e possiedono quindi una grandissima “freschezza”.
Ora abbiamo un modo standardizzato, industrializzato  e si sente che la qualità è chiaramente più bassa. Credo però che nel mondo dell’arte non si possa parlare di progresso, ma di cambiamento. Cambierà, sì, il modo di fare film, ma restano i film belli e quelli brutti in qualsiasi epoca.

 Lucrezia Vita Finzi e Francesca Bernardi