“Io volevo affrontare il soggetto, il problema, il nemico a tu per tu e ad occhio nudo e quasi a mani vuote ma armato d’amore e di odio. In più, c’era poco tempo e potevamo essere scoperti prima di finire. Cosi il mio gioco cominciava a prendere forma e a dare dei risultati non tanto rifiniti, modellati, limati ma pieno di inaspettati momenti di grande slancio e di vita, di verità, di realtà, d’amore e di odio. Quando scelgo di girare in un posto, una location – e sono tuttora molto sbrigativo malgrado l’età e i dolori dappertutto – non lascio che nessuno mi tocchi neanche un millimetro di quel posto, la sua luce, la sua storica esistenza e giro all’impazzata. L’unico lusso che mi permetto e di guardare bene intorno alla mia scena di battaglia per dei lunghi momenti che chiamo momenti sublimi di vita e di morte! Un altro lusso e’ che malgrado mi porti indietro – ora non piu’! – un Cameraman bravo, sono io a girare le scene come sento e mi viene dal di dentro!” (Kamran Shirdel)
Il nuovo cinema iraniano era subordinato ai film documentaristici, dove i soggetti di questi film appartenevano alla società iraniana coi suoi problemi e i suoi cambiamenti. La ricerca diventa uno scopo chiave per il regista; per svelare il significato dei problemi sociali e individuali, l`autore è sempre alla ricerca di un evento casuale per il quale intraprende un viaggio – nella maggior parte dei casi reale, spaziale – allo scopo di aggirare il divieto. Negli anni `60 il cinema documentaristico assieme al cinema narrativo, avevano il principio di descrivere la società iraniana dell`epoca in un periodo pieno di cambiamenti sociali e politici, portando il cinema iraniano verso una rivoluzione cinematografica, detta Nouvelle Vague Iraniana.
Tra i principali esponenti di questa nuova onda, il documentarista Kamran Shirdel con i suoi film, che sono stati banditi per anni da parte del regime dello Scià, critica una società confusa dai cambiamenti cercando la verità nascosta nel profondo dei propri livelli sociali.
Il cinema di Kamran Shirdel è influenzato dal neorealismo italiano, in quanto si é laureato nel 1964 al Centro sperimentale della cinematografia di Roma. Lui attraverso la cinepresa guarda il mondo con un occhio critico e curioso. The Night It Rained (1967) è una delle sue opere più note, dove racconta le vicende di un ragazzino di un paesino di provincia, che con il proprio istinto riesce ad evitare un disastro ferroviario. Shirdel insieme al suo gruppo va alla ricerca di svelare la verità di questo fatto eroico sul quale ognuno si sente protagonista, arrivando addirittura a negare l’esistenza del ragazzino-eroe. Per coinvolgere lo spettatore a far parte della ricerca e provocare la propria curiosità, fa ripetere una sequenza per tutta la durata del film, nella quale vediamo le mani di un addetto alla ferrovia, dimostrando poca sincerità di quello che viene detto a voce: Pura Bugia, Pura Bugia!
Il film indirettamente, con un linguaggio non molto complesso, cerca di criticare fortemente la mentalità di essere eroe ed essere in primo piano dei responsabili di una società dove la gente di basso livello viene sempre messa a parte. Il film è stato proscritto per 5 anni e finalmente al terzo Festival Internazionale del Cinema di Teheran viene proiettato e premiato come miglior cortometraggio.
Narges Bayat