In questa prima edizione del Cinema Ritrovato dopo la scomparsa di Peter von Bagh, colui che per 14 anni lo ha curato e diretto, il clima è malinconico, pieno di un dolore velato. In ricordo di Peter questa volta è intervenuto Antti Alanen (Finnish National Audiovisual Archive) per introdurre tre sue produzioni: Päivä Karl Marxin haudalla (1983), Kohtaaminen (1992) e Faaraoiden maa (1988). Antti parte da lontano, fa riferimenti sporadici alle proiezioni perché vuole soffermarsi su Peter: è un fiume in piena. Parla dei suoi hobby, delle sue abitudini, delle sue passioni, dell’eredità che ha lasciato alle persone attorno a lui. Continua imperterrito come se volesse aggrapparsi a quello che di Peter preziosamente gli rimane.
Ma protagoniste restano comunque loro: queste tre opere che, per quanto possano differire l’una dall’altra, urlano lo stesso messaggio di vicinanza e connessione umana dimostrando che “la vita non è quindi solo una lotta di competizione, ma anche un trionfo di cooperazione e creatività.” (Fritjof Capra). Peter adotta qui il suo autentico modus operandi, mettendosi da parte e creando per il prossimo uno strumento autentico di comprensione e ispirazione alla vita. Come Socrate nella maieutica, Peter stimola le persone indirettamente: crea l’ambiente giusto affinché esse si sentano libere di pensare, condividere, sfogarsi, di comprendere ed essere comprese.
Ne L’incontro viene documentata la visita di Hitler a Mannerheim, all’epoca comandante supremo delle forze armate finlandesi. Von Bagh lo fa raccontare a chi l’ha vissuto, con semplicità e naturalezza, dando ai protagonisti della storia un’aurea umana, rendendoli raggiungibili alla moltitudine mentre svolgono attività comuni e quotidiane. Ne La terra dei faraoni Peter racconta la storia di una Finlandia spossata, spenta, passivamente incastrata in una realtà guerresca. Cosa rende unico questo capolavoro non è tanto il suo contenuto, quanto la sua forma singolare. Il regista, infatti, elabora un racconto comparato, servendosi della narrazione di Mika Waltari in Sinuhe l’egiziano (1945); una storia dal passato per spiegare una realtà presente e le cause dei principali comportamenti umani a lei annessi. Incoraggia i suoi connazionali a resistere, a reagire, spiegando loro, come fossero bambini, che uno stato di costante felicità non esiste. Per affermare la sua esistenza, deve essere alternata dal dolore.
Un giorno sulla tomba di Karl Marx, tuttavia, è ciò che rende questo trio memorabile. Nato da un atto improvvisato, dalla curiosità di vedere cosa è cambiato cento anni dopo la scomparsa di Karl Marx, questo documentario cela un grande insegnamento. Le teorie di un individuo come Marx, appassionato e determinato a cambiare il mondo in cui ha vissuto, vanno oltre il giusto e lo sbagliato. Condivisi oppure no, le sue idee e i suoi valori creano una rete di connessione per il genere umano.
Karl Marx, così come Peter von Bagh, non muore mai, perché continua a vivere in quello che ha lasciato all’umanità, nelle persone che quotidianamente portano avanti le stesse convinzioni, che portano avanti le stesse battaglie; in quegli individui per cui, direttamente o no, ha fatto la differenza.
Francesca Alberoni