Il videogioco, a differenza di altri media, tende a rimuovere e a non problematizzare tutto ciò che non sia rilevante ai fini della performance. Il presupposto è che il personaggio debba essere prima di tutto “giocabile”. Non è un caso che le trasformazioni e le deformazioni corporee, anche quelle legate all’invecchiamento o agli handicap fisici, il più delle volte non vengano tracciate nella loro dimensione più frustrante. Non solo. Qualsiasi mutazione deve essere in qualche modo giustificata dal fatto di conferire benefici all’avatar (vedi i power up); oppure, a un livello più superficiale, si tratta di modifiche puramente estetiche (come nel caso delle opzioni di personalizzazione offerte al giocatore). Si assiste così a una continua dialettica tra elementi che servono a dare credibilità all’esperienza di gioco all’interno dei mondi finzionali e meccanismi che, anche a costo di sacrificare la verosimiglianza, sono più decisamente volti alla valorizzazione della giocabilità.

Un fenomeno collaterale, che per certi versi scardina le logiche del mezzo, è quello rappresentato dai glitch. Anomalie, falle, errori che si possono presentare inaspettatamente all’interno dello scenario, mettendone a soqquadro i connotati. Basta una veloce ricerca su Google per imbattersi in screenshot che condividono un tratto comune: una sorta di aberrazione della forma umanoide degli avatar o dei personaggi di contorno, una deformazione che produce deturpamento del corpo. Il glitch, in questo senso, sembra delinearsi come l’emersione di un rimosso: tutto ciò che rappresenta il rotto, l’informe, l’inutile, l’irrazionale. A fronte di un medium che, come abbiamo visto, mostra una certa difficoltà quando si tratta di mettere in scena avatar con malformazioni, ecco che questo lato oscuro e profondo emerge con prepotenza.
Persone con teste e arti allungati che assumono un aspetto insettoide o alieno. Fusioni che danno vita a forme astruse, contorte. Vere e proprie aberrazioni corporee. Bizzarrie frutto di un errore.

La disfunzionalità prende il sopravvento. L’anomalo e il corrotto si insinuano in quel confine che è fuori dalla portata del videogioco, nelle falle di sistema. È l’orrore che nasce dall’errore. Un po’ come nel film La mosca di Cronenberg: il malfunzionamento di un congegno tecnologico è responsabile della compenetrazione di due forme in un solo corpo. Un pallone incastonato all’interno del viso di un calciatore ha un vago gusto postumano: la protesi (la palla) si dispone nel corpo in maniera antifunzionale e casuale, risignificandolo. È la messa in crisi della forma, il momento in cui il videogioco rivela il suo lato nascosto, la sua natura di calcolo.

Curiosamente, il glitch sembra suggerire un superamento della nozione di mostruoso. Il corpo riconfigurato e deformato, talvolta reso disabile e inagibile dal glitch, mantiene la sua funzione e il suo ruolo all’interno della storia. La comparsa di questi personaggi bizzarri, dai movimenti spesso inarticolati e scoordinati, non provoca il men che minimo stupore, ribrezzo o timore negli altri individui, sebbene le loro sembianze possano essere ben più repellenti o inquietanti di quelle dei nemici. L’errore si produce senza creare ripercussioni nella storia, non viene contestualizzato, non compromette la diegesi. Potrebbe addirittura profilarsi un superamento della freakness: il freak riesce a riscattare la propria posizione all’interno della società e ad assurgere alla più piena consuetudine. Attraverso il glitch la deformità/mostruosità viene così normalizzata. Nel caso in cui il glitch coinvolga l’alter ego del giocatore si viene a creare una situazione quasi paradossale: la mostruosità diventa l’emblema dell’ordinarietà, la deformità non è più l’anomalia bensì la regola; non più l’eccezione, ma la norma. Nessuno dei personaggi finzionali percepisce come atipico o mostruoso il “portatore di glitch” all’interno della storia. Il freak diventa inaspettatamente l’eroe.

L’emersione di questi errori/orrori ci offre una visione del mondo in cui i canoni etici ed estetici sono invertiti rispetto a quanto accade nella realtà. La freakness non è più simbolo di emarginazione ma è perfettamente integrata col contesto di gioco e trattata alla stregua della normalità.

Tommaso Ari Moscati