Nella fitta rassegna dei restauri provenienti da Venezia Classici 2015, in questi giorni al Lumière, si nasconde anche questo capolavoro, Léon Morin, prete, di Jean-Pierre Melville, autore ormai da tempo incastonato nell’enciclopedia cinefila ma forse ancora non del tutto conosciuto da una più larga fetta di spettatori curiosi. Melville era molto rispettato dalla nouvelle vague, per cui prestò anche volto e citazioni.

E infatti ricorda: “Ho scelto Jean-Paul Belmondo prima che diventasse un divo consacrato. A quell’epoca era impegnato nelle riprese diÀ bout de souffle. La prima volta che l’ho incontrato è stato all’aeroporto di Orly, l’ho incrociato sulle scale, ci siamo stretti la mano e mi sono detto: ‘Toh, ha il ceffo giusto per fare Léon Morin’. Non sapevo ancora che tipo di attore cinematografico fosse. Certo, l’avevo visto due o tre volte in cose di scarsa importanza. Devo dire che una volta uscitoÀ bout de souffle, tutti abbiamo capito il genere di valore artistico e professionale di Jean-Paul. Era da molto che avevo voglia di girare Léon Morin. Più di otto anni. E ogni anno Béatrix Beck, l’autrice, mi telefonava e mi diceva: ‘Non ha ancora trovato gli attori che vuole?’. Io dicevo: ‘No’. E un giorno ho avuto voglia di prendere Emmanuelle Riva per il ruolo di Barny. Poi, quando ho conosciuto Jean- Paul, non c’è stato più dubbio: era Jean-Paul Belmondo e nessun altro che bisognava prendere per fare Léon Morin”. (Dalle interviste con Jean-Pierre Melville e Jean-Paul Belmondo realizzate da Louis Roland Neil e trasmesse da RTF il 20 settembre 1961).

Per approfondire, ecco la bella analisi in francese di Olivier Bitoun, per “DVD Classik” e un ricordo in inglese di Roger Ebert.