Se Andrea Meneghelli vede il programma dedicato al “dal vero” italiano dei primi anni Dieci come “una sorta di ode al movimento”, ovvero un lungo viaggio “dalle selvagge gole dell’Abruzzo alle placide tonalità vacanziere del Lago di Garda, dal tempo che pare sospeso del villaggio siciliano a quello stracarico di storia dei monumenti romani”, si può dire che l’accompagnamento al pianoforte di Daniele Furlati sia percepibile come un movimento nel movimento, ovvero come un dinamismo musicale, di tipo temporale, che accompagna le immagini che si susseguono sullo schermo.

Le attese spettatoriali sono pienamente soddisfatte; Furlati lavora come un pianista di quegli anni, adottando una strategia compositiva che si articola e si sviluppa nel senso dell’estemporaneità, non priva di metodo compositivo: dai richiami alle armonie della musique d’ameublement alla Satie (nella lunga carrellata da destra a sinistra, è la musica sui volti esaltati di una folla avida di futuro nel restauro di Fuochi d’artificio e luminarie), ad un sincronismo musicale che serve a ricreare un effetto d’ambiente (il rumore del treno che sta per entrare in galleria in Da Piombino a Portoferraio; il rumore dell’acqua o l’increspare delle onde, spesso affidato a brevi note acute della mano destra in Fontane di Roma, Gole del Sagittario, L’idroplano Forlanini), ad un richiamo drammaturgico di tipo emotivo (l’allegretto che accompagna il lavoro degli operai in una fabbrica di cioccolato in Chokoladen und Bonbonsfabrikation). Ancora, l’intento descrittivo è evidente nel ritmo di marcia per la scena di una banda in piazza, o negli arpeggi velocissimi sulle giravolte luminose nel restauro conclusivo del programma, Manfredonia; più interessanti gli accenni al montaggio verticale ejzenštejniano nel gioco curioso di reciprocità tra accumulazione visiva e accumulazione musicale (in Dal pontificato di Pio X all’elezione di Benedetto XV le persone che si affollano in strada corrispondono, musicalmente, a note che si succedono per gruppi) come anche le microvariazioni tematiche per ognuno dei volti dei bambini in Schönheitskonkurrenz in der kinderwelt.

Insomma, la musica c’è ma non si sente; non rivendica la sua autonomia estetica, ma al contrario ricrea l’esperienza spettatoriale del “cinema delle origini” per il quale la musica assolve ad una funzione eminentemente strumentale e sussidiaria: quando la curiosità per l’invenzione tecnologica lascia il posto al bisogno di istruzione e di divertimento, la musica d’accompagnamento è un sottofondo sonoro che svolge il compito, fondamentale, di ristabilire al cinema l’effetto di realtà. Oggi, come allora, lo spettacolo sullo schermo, muto, silenzioso, nell’oscurità della sala, è tutto.

L’operazione di restauro allora è, oseremmo dire, duplice: da una parte le immagini (il programma di proiezioni è frutto di un progetto sul cinema “documentario” in Italia e sull’Italia prima dell’avvento del fascismo che la Cineteca di Bologna porta avanti in collaborazione con il British Film Institute), dall’altra la musica dal vivo che, con intensi intenti descrittivi, ambientali, drammaturgici come nel cinema delle origini, supporta e integra la rappresentazione. Al Cinema Ritrovato l’esperienza audio-visiva del fruitore ne è coinvolta. Così, anche lo spettatore è “restaurato”.

Marianna Curia