Mies Varjossa (1994) (L’uomo nell’ombra) , è un ritratto completo di uno dei politici che segnarono di più la storia della Finlandia, Otto Wille Kuusinen. Peter von Bagh riesce a creare un documentario ricco e complesso, suddiviso in tre episodi, ove si susseguono interviste ai figli di Otto, a studiosi finlandesi e inglesi, e soprattutto all’ultima moglie di Otto, Marina, che rimase con lui fino alla fine. Kuusinen è stato un personaggio amato e disprezzato in Finlandia, e appunto per questo è da sottolineare la bravura di Von Bagh nel descriverlo sotto tutti i suoi aspetti, senza accusarlo apertamente o al contrario difenderlo. Kuusinen nasce da una famiglia povera,  è l’unico che ha la possibilità di studiare: all’università di Helsinki egli diventerà un romantico-comunista, come si definirà lui stesso:  questi suoi ideali sono rappresentati mediante alcune inquadrature  di  “La Libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix, uno dei dipinti simbolo della pittura romantica (1830). Lo zoom della cinepresa va soprattutto a individuare un ragazzo con una pistola in mano, simbolo a mio avviso della rivoluzione del proletariato, nella quale inizialmente (la rifiuterà in età avanzata) il giovane Kuusinen ripone le sue speranze. Dopo la guerra civile che vinsero i bianchi,  le forze guidate dal Senato conservatore,  divenne co-fondatore del Partito comunista finlandese in esilio russo,  per poi guidare il Governo di Terijoki su ordine di Stalin durante la guerra d’inverno (1939, quando le armate rosse sovietiche invasero la Finlandia, con la speranza di creare un governo filosovietico  e di ottenere delle terre preziose dal punto di vista geopolitico).

Kuusinen  in questo modo divenne il fantoccio di Stalin secondo alcuni, secondo altri invece, sempre intervistati da Peter,  Kuusinen avrebbe avuto addirittura il rispetto di Stalin, che non lo uccise e forse ascoltò dei suoi consigli. Kuusinen infatti , pur lavorando per oltre 20 anni al Comintern a fianco di futuri bersagli di Stalin, non fu eliminato dalle milizie sovietiche, probabilmente perché non si mosse per difendere i suoi amici e colleghi dall’ira del dittatore. Kuusinen  divenne, dopo il governo di cui più si vergognò (governo di Terijoki) presidente del Praesidium del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica Carelo- Finlandese.

L’uomo nell’ombra non era solo un politico furbo e scaltro, ma era anche un grande letterato: la moglie Marina testimonia che facevano delle gare, spesso vinte da lui,  che consistevano nell’imparare a memoria più velocemente possibile una poesia. Alcuni libri li considerava come testi sacri: come “Kaleva”, grande poema epico finlandese che lui studiò poiché lo riteneva strettamente collegato agli ideali marxisti.  Kuusinen oltretutto componeva, e alcune delle  sue melodie fanno da colonna sonora a questo efficace documentario.  Efficace perché le tante interviste che lo compongono sono intervallate da scene che spezzano la linearità altrimenti noiosa dei continui interventi: si tratta di scene bizzarre, in molti casi buffe, che si legano in qualche modo all’intervista precedente, ma danno libertà di interpretazione allo spettatore, che quindi non si trova più davanti a una lezione di storia, ma davanti ad un intelligente rompicapo. Per esempio viene ripetuta spesso una sequenza di un piccione che sale le scale: sta forse a rappresentare l’ascesa di Kuusines mediante i suoi metodi non onestissimi?

Per tutto il film-documentario Peter von Bagh ci mostra il ritratto di un uomo che cambia,  che evolve in peggio secondo alcuni e in meglio secondo altri, ma una cosa è certa: quel giovane ragazzo speranzoso, con animo romantico-comunista, ben rappresentato nel dipinto di Delacroix, non esiste più: “i suoi ideali lo fecero diventare un politico, e da politico li perse”.

Laura Cacciamani