La sezione Cinemalibero -che ha già ospitato titoli di Rene Vautier e Arne Skouen- programma un’opera che all’epoca non ha avuto né luce né distribuzione né vita cinematografica tout-court. È Lettre à la prison, girato nel 1969 da Marc Scialom con la cinepresa prestatagli dall’amico Chris Marker, montato nel 1970 ma subito accantonato per via del giudizio negativo espresso da Marker, ritrovato nel 2005 dalla figlia di Scialom durante un trasloco e restaurato nel 2008 dal laboratorio L’Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna.
Lettre à la prison rappresenta un paradigma-manifesto della libertà individuale e artistica. Sia per i temi -che incidono sulla piaga del (post)colonialismo attraverso la storia della perdita di identità culturale e personale di un esule arabo in Francia- sia per il linguaggio e le modalità di realizzazione: al di fuori dei canoni produttivi e commerciali, vicino alla coeva Nouvelle Vague e al surrealismo bunueliano.
La proiezione (5 luglio 2013 in sala Mastroianni alle h. 18:00) è introdotta da Scialom e da Silvia Tarquini, curatrice ed editrice del volume Marc Scialom. Impasse du cinéma. Esilio, memoria, utopia / Exil, mémoire, utopie (ed. Artdigiland, Dublino 2012, in vendita online su http://amzn.to/1a483Cu), comprensivo dei saggi -tra gli altri- di Marco Bertozzi, Roberto Silvestri, Federico Rossin e Mila Lazic, coordinatrice del Festival I Milleocchi di Trieste.
Già ospite ieri sera di Dario Zonta, in diretta radiofonica con Marc Scialom per “Hollywood Party”, Silvia Tarquini ha incontrato la redazione di Cinefilia Ritrovata, parlandoci delle complesse vicende biografiche di Scialom:
«Marc Scialom nasce a Tunisi nel 1934, ebreo di origini italiane. Dopo le persecuzioni naziste nel ’43 in Tunisia, le ripercussioni sugli italiani, meccanicamente associati al fascismo nel periodo dell’“epurazione”, e la strage di Biserta (1961) con lo sconfinamento in Tunisia della guerra franco algerina, si trasferisce in Francia. La sua vita si intreccia, “mancandola”, con la storia del cinema: a Parigi Lettre à la prison (1969-70), realizzato con amici e familiari, senza un produttore e quasi “clandestinamente”, non è sostenuto dai suoi compagni cineasti, tra cui Chris Marker. Si tratta di un’opera sulla perdita di identità culturale e personale di un esule arabo in Francia, che mette il dito nelle piaghe di (post)colonialismo e razzismo. È girato tra Tunisi, Marsiglia e Parigi, sull’asse dell’esilio dell’autore. Deluso, Scialom chiude il film in un cassetto. Torna alle sue origini, allo studio della lingua e della letteratura italiane che insegna all’Università di Saint-Etienne. Traduce la Divina Commedia nel 1996 per le edizioni Le Livre de Poche».
Alberto Spadafora