Chi ha paura di Anita Sarkeesian? La blogger canadese, che da anni vive in California, non è certamente un nome noto ai più. Entrate però in un covo di videogiocatori e pronunciate quel cognome: si scatenerà l’inferno. La Sarkeesian, fondatrice di Feminist Frequency, è finita sotto i riflettori per una serie di video in cui prende in esame la rappresentazione della donna nei videogiochi. Se i primi approfondimenti si soffermavano sul cliché della damigella in pericolo (prima puntata ; seconda puntata; terza puntata), nell’ultimo video vengono analizzate le modalità registiche tramite cui gli sviluppatori tendono a sessualizzare il corpo femminile all’interno dei videogiochi (guarda il video). Per contrasto, la Sarkeesian si sofferma di frequente sul diverso trattamento riservato al corpo maschile. Apriti cielo.

Numerosi giocatori sono insorti, la Sarkeesian ha ricevuto minacce varie ed eventuali; in linea generale la blogger è stata tacciata di scarsa imparzialità, a tratti di superficialità. Raramente gli appassionati si sono presi la (legittima) briga di contestare punto per punto le tesi della Sarkeesian o di dire la loro con altrettanto efficaci contro-ricerche. Si è creata una spaccatura, reazioni più o meno violente di fronte all’attacco femminista. La Sarkeesian è andata a toccare un nervo scoperto: molti giocatori non sono pronti a parlare di sesso, di gender, di discriminazioni. Non sono pronti ad accettare il fatto che il videogioco sia un medium ancora profondamente maschilista, con tutto ciò che ne consegue. Dopotutto, significherebbe mettersi in discussione, il che non è sempre facile. L’attacco della Sarkeesian, tra l’altro, proviene dall’interno: da una donna, per giunta nerd (o da un nerd, per giunta donna). Quando i media generalisti, dall’esterno, muovono critiche ai videogiochi violenti, non si creano quasi mai spaccature: gli appassionati, sdegnati, fanno fronte comune. Curioso.

In un articolo pubblicato sul numero 259 della rivista britannica EDGE, si afferma un concetto tanto vero quanto disagiante: i videogiochi hanno un problema col sesso. Con la violenza? Meno. “The view seems to be that 17-years-olds should be allowed to engage in virtual murder but they don’t have sex and therefore do not need to know and learn about sex in the interactive medium. Sex is very wrong and illegal whereas mass murder is acceptable and legal – in games. One is abnormal and the other is normal”.

Certo, quando Call of Duty: Modern Warfare 2 decise di mettere in scena un attacco terroristico in cui il giocatore poteva liberamente decidere di eliminare indifesi civili, le polemiche non mancarono. La violenza non passa quindi inosservata, tuttavia viene lo stesso rappresentata con maggior frequenza rispetto al sesso. In God of War le prodezze sessuali di Kratos finiscono fuori campo; nella serie di The Witcher e nei titoli BioWare che pur da questo punto di vista sono nettamente più evoluti rispetto alla media – il sesso diventa o ricompensa o semplice tappa di un percorso ludico, senza che venga approfondito in alcun modo il valore emotivo e narrativo dell’atto. A tal proposito vi consigliamo l’interessante pezzo di Simone Tagliaferri, “La rappresentazione del sesso all’interno dei videogiochi”, contenuto all’interno del volume VirtualErotico. Sesso, pornografia ed erotismo nei videogiochi (Unicopli, 2015).

Anche quando il sesso viene rappresentato e messo in scena in maniera esplicita, gli effetti nei videogiochi sono spesso involontariamente comici: i personaggi sembrano burattini impacciati, la nudità è quasi sempre velata e, per ritornare alla Sarkeesian, sono soprattutto i personaggi femminili a essere posti al centro dell’attenzione (emblematica la scena in cui il protagonista di The Witcher, Geralt, si immerge nella vasca-alcova con addosso ancora i pantaloni, a differenza della donna, completamente svestita). Nei videogiochi, come in altri media, la nudità femminile sembra più tollerata, meno imbarazzante di quella maschile. I videogiocatori, evidentemente, non amano guardarsi allo specchio. Un tema, quest’ultimo, che meriterebbe un ulteriore approfondimento, non solo videoludico. C’è qualcosa che ancora non ingrana nel rapporto tra videogame e sesso. Qualcosa di irrisolto.

Andrea Dresseno