Prende il via al Lumière in questi giorni una retrospettiva attesa in maniera a dir poco trepidante dai cinefili orientalisti (e non solo). Per la prima volta in tutto l’Occidente, in versioni integrali restaurate nel 2014, vengono proposti otto film diretti da Xie Jin, gigante del cinema mondiale. Otto classici rappresentativi d’un itinerario creativo tra i più straordinari del secondo Novecento. Tra i link utili, la biografia di Xie Jin, la filmografia completa, e l’attesa prima serata con proiezione di Stage Sisters: qui le schede di presentazione di Zhiwei Xiao e un brano dell’intervista dell’85 realizzata da Jean-Pierre Berthomé, Marco Müller, Hubert Niogret. Aggiungiamo poi, qui, per gli anglofoni, il bel saggio di Gina Marchetti, comparso su “Jump Cut” nel marzo del 1989. A seguire, il pezzo di Mike Hale che ricorda il film sul “New York Times”.

Wutai Jiemei è un film inaspettatamente fluido e sottile, emotivamente plausibile. Ed è anche una storia ambiziosa e d’ampio respiro che accompagna le protagoniste dalle province al distretto teatrale di Shanghai e viceversa. Alcuni set un po’ angusti riflettono la scarsità di risorse, ma la padronanza tecnica di Xie e il livello generale della recitazione eguagliano come minimo la qualità di un modesto dramma hollywoodiano degli anni Cinquanta o Sessanta. Fang Xie e Yindi Cao sono rispettivamente Chunhua e Yuehong, le sorelle del titolo: in realtà sono due amiche conosciutesi negli anni Trenta quando Chunhua, in fuga da un matrimonio combinato, è stata accolta dalla compagnia itinerante dell’Opera cinese di cui faceva parte Yuehong. Le due belle ragazze, diventate star di provincia, finiscono nei guai quando un proprietario terriero le invita a cantare a casa sua e si aspetta che Yuehong offra a lui e ai suoi amici un’esibizione privata. La giovane riesce a scappare, ma Chunhua, accusata di aver insultato il nobile, viene incatenata a una colonna sulla pubblica piazza dalle guardie nazionaliste. Per Fang Xie è una delle tante occasioni di mostrare il proprio talento drammatico. Ma per buona parte del film le crisi morali e i conflitti di classe sono simili a quelli descritti dal cinema americano degli anni Trenta e Quaranta. I valori di Chunhua e dei suoi nuovi amici comunisti differiscono molto poco dai valori degli abitanti del Midwest che finiscono a Los Angeles e a New York nei nostri drammi proletari. E il femminismo del film non è reso meno autentico dalle motivazioni politiche che lo sottendono. Il realismo emotivo fu probabilmente una delle ragioni per cui dopo l’avvio della Rivoluzione culturale il film fu proibito e Xie fu arrestato. L’evidente piacere con cui il regista ritrae il mondo equivoco degli anni Trenta a Shanghai, sua città natale, probabilmente non aiutò”.

Mike Hale, Two ‘Sisters’ From Time of Mao Star Again, “The New York Ti mes”, 25 settembre 2009