Non tutto il product placement vien per vendere. Elle, il nuovo film di Verhoeven, coinvolge il mondo dei videogiochi. Non è il solo a farlo in maniera pertinente e con risvolti tematici di un certo peso.

L’altro giorno stavo vagando per l’ufficio quando mi sono imbattuto in un volume dedicato a Isabelle Huppert che stava appoggiato sul disordinato tavolo del nostro amato social media manager. Gli ho chiesto se aveva visto Elle, il film di Paul Verhoeven in uscita domani nelle sale italiane. Non l’ha ancora visto, per cui gli ho consigliato di rimediare sia perché è un bel film, sia perché la protagonista – per l’appunto Isabelle Huppert – interpreta una produttrice di videogiochi. Una scelta curiosa, ancor più considerando che nelle intenzioni di Verhoeven, inizialmente, i videogiochi non erano stati contemplati. Nel libro a cui il film si ispira –  Oh… di Philippe Djian – la protagonista è alla guida di un gruppo di sceneggiatori televisivi. Dopo essersi confrontato con la figlia, come si legge in questa intervista, il regista ha optato per coinvolgere il mondo dei videogiochi.

Col senno di poi, la scelta non poteva essere più pertinente. Lungi da me fare spoiler, ma la storia di questa donna dal passato turbolento che inizia un gioco ambiguo col suo assalitore, un vero e proprio gioco di ruolo consapevole (ma quanto?) è indubbiamente in linea con quello che accade nei videogiochi. Il tema del controllo, che però non è mai totale per quanto possa sembrarlo; il tema della maschera intesa come ruolo, che nel videogioco prende la forma di un avatar – non necessariamente antropomorfo – con cui iniziamo una relazione diretta e attraverso il quale ci relazioniamo col mondo virtuale e gli altri personaggi. Tra l’altro, il gioco a cui la Huppert sta lavorando esiste realmente. Si intitola Styx: Master of Shadows, è uno stealth adventure di matrice fantasy e lo trovate su PC, PlayStation 4 e Xbox One. All’Archivio Videoludico ancora manca, ma quale miglior occasione per recuperarlo? In questi giorni, coincidenza, è uscito pure il sequel.

Il ruolo s’è quindi ribaltato. Il nostro social media manager mi ha citato Reign Over Me, film del 2007 di Mike Binder che lui ha visto e io no. Film che narra le vicende di Charlie, un uomo che ha perso moglie e figlie durante l’attacco alle torri gemelle del settembre 2001. Nel film compare Shadow of the Colossus, un gioco bellissimo che vi consigliamo di recuperare appena possibile. Il protagonista del gioco di Fumito Ueda si reca in un tempio per reclamare la vita della propria amata. Un’entità divina accoglie il suo appello: egli dovrà uccidere i sedici colossi rappresentati da altrettanti idoli presenti nel tempio. Solo così la sua amata potrà tornare in vita. In sella al cavallo Agro, il giocatore attraversa sconfinate lande alla ricerca dei colossi: il ragazzo è solo davanti alla vastità della natura, perso tra paesaggi silenti costellati da costruzioni enormi e antiche.

L’inserimento di Shadow of the Colossus nel film non è casuale. Ho scovato questo interessante articolo in cui uno dei bracci destri di Binder, Jeremy Rousch, racconta la genesi di questa scelta specifica. Rousch ricorda l’esperienza col padre, reduce del Vietnam. A essere affrontato nel film è il tema della rimozione e dell’elaborazione del lutto. Shadow of the Colossus, all’interno dell’opera di Binder, è metafora ma anche strumento di terapia. Rifiutare di perdere qualcuno che si ama, fuggire dalla realtà e dalla verità, osservare colossi inermi che cadono e muoiono: “You could see where someone who was dealing with 9/11 would be engrossed by a giant that keeps collapsing over and over again,”, afferma Rousch.

Esempi di product placement sono all’ordine del giorno, ma nel caso di Elle e Reign Over Me l’operazione assume una dimensione tematica ed etica che mi ha francamente colpito.

Andrea Dresseno