“Il terzo uomo non è stato scritto per essere letto, ma soltanto visto”. Parole di Graham Greene, incaricato di scrivere una sceneggiatura per Carol Reed, allo scopo di ripetere il successo di Idolo Infranto. E realmente il film, ambientato in una cupa Vienna colpita dalla guerra, è un succedersi di luci che svelano, ombre che ingannano, volti in primo piano, case diroccate, scale e cunicoli che conducono ad un grande sotterraneo dove la città, spartita in superficie dalle forze d’occupazione, è finalmente unita.
Lo scrittore Holly Martins (Joseph Cotten), appena arrivato a Vienna, si reca al cimitero per dare l’ultimo saluto all’amico Henry che lo aveva invitato a raggiungerlo per un probabile lavoro.
Orson Welles, voluto dal regista per la parte di Henry Lime, entra in scena così, in una bara chiusa, morto in uno strano incidente. Ed Henry in carne e ossa farà la sua comparsa solo a metà film: primo piano su scarpe nere, un corpo massiccio, finalmente una finestra si spalanca e illumina il suo volto.
Ma Welles, attraverso la sua assenza, permea il film della sua presenza. Tutto parla di Henry Lime e la città bombardata diventa il luogo ideale dove presentire che è vivo. La polizia indaga su di lui, lo stesso Martins inizia a fare indagini, la triste e fascinosa amante si strugge di nostalgia, amici strani raccontano l’incidente che l’ha portato alla morte. L’inconfondibile colonna sonora, realizzata unicamente dalla cetra di Anton Karas, è diventata rimando esplicito a Welles.
Il terzo uomo esprime certamente il conflitto tra il bene e il male (Martins verso Lime) ma sopratutto interroga su quale sia il bene. Le differenti posizioni di Martins che decide di collaborare con la polizia tradendo il migliore amico di tutta una vita, e di Anna per la quale le persone le si ama così come sono e non le si abbandona, sono ugualmente complesse, combattute e affascinanti.
Le mani che emergono in superficie, ormai incapaci di afferrare la grata, unica via di salvezza, ci rendono esitanti, svelando quanto siamo attratti dall’impudente e misterioso Lime.
Marcella Natale