Ospitiamo gli articoli dei giovani critici di  Parole e voci dal festival, che analizzano il cinema del passato dal proprio punto di vista

Plein Soleil (1960) è un film tratto dallo spregiudicato romanzo The Talented Mr Ripley di Patricia Highsmith, un immortale thriller che affonda nella tragedia e nel sadismo man mano che scorre la pellicola. È un grandioso film a colori, che sono esplosi nel grande schermo del cinema Arlecchino: il giallo, il rosso sono i colori che ritornano sempre, in ogni scena, così come il blu del cielo e l’azzurro del mare. Siamo in Italia, e il calmo e dolce paesaggio del nostro paese fa da sfondo a una tragica e angosciante vicenda. Gli sfondi quasi abbracciano lo spettatore che si sente partecipe dell’azione e che vive come propri i sentimenti dei personaggi, identificandosi ora con l’assassino, ora con la vittima.

Il bugiardo Mr Ripley è il protagonista di Plein Soleil, un inarrestabile arrampicatore sociale che non esita a uccidere pur di raggiungere il suo unico scopo nella vita: i soldi. La chimera della ricchezza lo perseguita, dandogli una forza e una noncuranza formidabili: non ha scrupoli alcuni, la sua etica e morale è altamente distorta, se non nulla. Si approccia a un ricco rampollo di famiglia, Philip Greenleaf, un bohémien innamoratosi di una ragazza italiana, e sfuggito quindi al padre rimasto a San Francisco. Con la scusa di essere stato mandato appunto da suo padre per riportarlo a casa, Mr Ripley diventa pian piano amico della sua vittima, che dopo un po’ però capisce le sue intenzioni. È infatti lo stesso protagonista che confessa a cuore aperto le sue intenzioni a Philip: lui, il carnefice, lo ucciderà, per poi impossessarsi della sua identità e, perché no, anche della sua donna. Il piano va avanti, tutto sembra andare bene, per Ripley ovviamente, e la audience è coinvolta a tal punto nel film che ogni tanto si trova a parteggiare per il carnefice, scordandosi per un istante che è lui l’assassino e il “cattivo” della storia. Lui deve essere preso dalla polizia, che indaga a vuoto, ma lo spettatore non vuole, perché forse vuole scoprire fino a dove arriveranno la malvagità e l’intelligenza di Ripley. La suspense cresce quasi esponenzialmente in questo film, che inizia con una tranquilla scena in un bar di Roma, dove i due, apparentemente amici, prendono un caffè, e finisce con una scena impossibile, per ovvie ragioni, riportare in questa recensione. Grazi e ai suoi ritmi serrati e al sottile velo d’angoscia sempre presente, riesce ad appassionare moltissimo la audience, senza minimamente annoiarla. Infatti, pur essendo un film di oltre 50 anni fa riesce ad essere estremamente moderno, sia grazie al modo in cui è stato girato che all’argomento trattato. Infatti analizza la più fatale debolezza degli uomini, i soldi, e tutto ciò che il desiderio per essi comporta.

Laura Cacciamani