Ospitiamo gli articoli dei giovani critici di Parole e voci dal festival, che analizzano il cinema del passato dal proprio punto di vista
Glückskinder, meglio conosciuto in Italia come Lasciate fare alle donne, è un film tedesco uscito nel 1936 promosso dalla Universum Film AG (UFA), la celebre società di produzione. Nel cuore del nazismo, in una Germania che (in)consapevolmente stava precipitando verso la seconda guerra mondiale, Glückskinder apre le porte ad una serie di film “salva vita” tedeschi. Il suo unico compito, difatti, è quello di alleggerire e svagare un popolo debole e confuso, sotto un regime totalitario.
Il regista Paul Martin offre all’audience un prodotto nazionale – senza però mirati riferimenti alla situazione politica del tempo – che possa raggiungere i gusti di tutti. La storia è semplice e lineare: la protagonista femminile è una giovane donna apparentemente sola al mondo, che si trova davanti a un tribunale poiché accusata di vagabondaggio. La giovane rischia di finire in prigione, finché il reporter Gil Taylor, ultima ruota del carro della redazione di un quotidiano, salva la bella Ann Garden dichiarandosi suo fidanzato. Con il matrimonio, imposto subito dal giudice, la coppia appena nata inizia una convivenza inattesa. Due amici e ex-colleghi del coraggioso Gil chiudono il cerchio: si forma così un comico quartetto che si esprime principalmente con dialoghi veloci e coinvolgenti. Infatti, in questa comicità tutta tedesca a sfondo di situazioni surreali, il dialogo si sposta al centro dei riflettori: i protagonisti giocano con le parole, si prendono in giro, facendo apparire anche le situazioni più difficili e spiacevoli come risolvibile, a patto che ci sia collaborazione e buona volontà. Purtroppo alla proiezione il film è stato accompagnato da una traduzione simultanea che, con una sola voce, rendeva la pluralità dei dialoghi a volte difficilmente comprensibile.
L’umorismo di Glückskinder , però, sfocia nel suo punto culminante in una scena esclusiva: i quattro personaggi principali iniziano improvvisamente a cantare un’allegro motivetto accompagnato da ironici balletti tipici di una commedia musicale. Finita la scena, tuttavia, il film ritorna nei suoi binari, come se avesse deciso la strada migliore da intraprendere. Ovviamente una scena del genere, nella sua paradossalità, stimola il riso spensierato dell’audience, incredula davanti a questo repentino cambio di “programma”. È proprio questa comicità alternativa, difficilmente riconducibile al gusto contemporaneo, che rende Glückskinder unico nel suo genere e, tuttora, suscita nello spettatore una spensierata ilarità, trascinandolo in un mondo parallelo di 90 minuti.
Francesca Alberoni e Laura Cacciamani