Come ogni anno, anche nel 2016 i ragazzi di Parole e Voci offrono il loro giovanissimo sguardo sui capolavori della settima arte presentati al Cinema Ritrovato.
Se qualcuno vi parlasse di Marlon Brando, quale sarebbe la prima immagine che vi verrebbe in mente? Le guance cadenti e l’espressione assorta di Don Vito Corleone? I capelli lunghi e la faccia triste del Brando di Ultimo tango a Parigi? Oppure l’affascinante e forte giovane vestito con una giacca di cuoio e con il cappello di pelle adagiato assimmetricamente sui capelli cosparsi di brillantina, in sella alla sua potente e cromata motocicletta Triumph mentre, nostalgicamente, guarda verso l’orizzonte? Perché è questo il Marlon Brando protagonista di The Wild One, pellicola del 1953 diretta da László Benedek. Considerato forse il precursore e l’ispiratore del filone cinematografico del bikexploitation, reso poi famoso negli anni ’60 da film come Easy Rider e da registi come Roger Corman e Francis Ford Coppola, il film racconta la vicenda di Johnny Strabler e della sua banda di motociclisti fuorilegge e sfrenati, che non hanno paura di niente e di nessuno e che, soprattutto, non amano che gli si dica cosa fare. Quando però arrivano in una tranquilla cittadina, governata da un timoroso e codardo sceriffo, con l’intenzione di spargervi caos e zizzania, la banda e soprattutto Johnny capiranno la loro vera natura e quella di coloro intorno a loro.
Abituato a film di questo genere come I selvaggi di Corman e, in modo minore, 1997: Fuga da New York e Mad Max, vedendo questa pellicola devo ammettere di essere stato sorpreso: mentre le altre opere narravano di uomini senza scrupoli e privi, il più delle volte, di ogni morale e di ogni lato positivo, questa sceglie di presentarci un protagonista complesso, che non sa bene perché va in giro a distruggere e razziare tutto ciò che trova ma, al contrario degli antieroi dei film d’exploitation successivi, se lo domanda, spinto soprattutto dalla giovane e affascinante barista Kathie.
Ecco perché questo film mi ha ricordato un po’ le atmosfere da western, con un eroe silenzioso ma autorevole, violento ma giusto, che rischia di inimicarsi la sua banda pur di fermare le ingiustizie. Un Marlon Brando spaventosamente simile al Clint Eastwood dei film di Leone, che riesce a raggelare ed a confortare con uno sguardo, senza proferire parola. Il film si chiama The Wild One, in italiano Il selvaggio. Per buona parte della durata del film non ho avuto dubbi a chi si riferisse: al fuorilegge Johnny, che, insieme alla sua banda, devasta macchine, bar e vetrine, fa scoppiare risse, portando scompiglio nella pacifica e soporifera comunità. Verso la fine però, vedendo la comunità cittadina furiosa, che attacca e cerca di linciare ormai un quasi redento e innocuo Johnny, questa certezza è stata messa in discussione.
Chi è veramente il selvaggio? Il giovane Johnny che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, o la cittadinanza, che vuole farsi giustizia privata spietatamente senza ricorrere alla giustizia? Forse l’unico personaggio positivo è la timida e sottomessa cameriera Kathie, che sconvolge Johnny con il suo desiderio di andare via con lui, lontano dalla realtà opprimente del paesino, in cerca di nuove emozioni ed orizzonti. Alla fine sarà proprio lei la salvezza fisica e morale per Johnny, visto che riporterà a ragionare ed a non usare la violenza i suoi concittadini, aiutando anche a scagionare il protagonista dalle accuse per cui è tenuto in prigione, e farà in modo che Johnny si chieda perché sta facendo tutto ciò e se veramente quella è la vita che desidera fare. Insomma, questo film è stato per me veramente una sorpresa piacevole, per niente scontato e con un profondo significato: mai giudicare le persone dall’apparenza. La voglia di spensieratezza e libertà dei protagonisti, una voglia quasi insensata di ribellarsi, sottrarsi alle regole della società, piccola o grande che sia, è notevole per l’anno in cui il film è stato prodotto, il 1953, ben precedente al ’68, quando questi desideri scoppieranno per le strade del mondo.
Insieme a Gioventù bruciata, The Wild One, ci presenta come protagonisti dei ribelli con una morale, forse mandati dalla provvidenza a smascherare l’ipocrisia e la violenza della società “buona” e “rispettabile”. Un film da vedere solo per la scena finale, dove Brando, regalandoci l’unico sorriso della pellicola, ci fa un po’ commuovere. Forse è cambiato, forse no. Chissà.
Pietro Luca Cassarino