Cominciamo oggi a pubblicare le recensioni di giovanissimi critici cui abbiamo chiesto di guardare con occhi nuovi i classici del passato, presentati in versione restaurata al Cinema Ritrovato. Ne approfittiamo per ricordare che il film di Nicholas Ray fu girato in CinemaScope (nel formato 2.55:1) e a colori solo dopo che (non prima di aver girato per dieci giorni in bianco e nero) la Warner Bros. ne decise il passaggio al colore.

Il “Benvenuti!” di Gian Luca Farinelli, ad inaugurare la sezione di Piazza Maggiore del Cinema Ritrovato, ha anticipato l’attesa proiezione di Gioventù bruciata. Margaret Bodde, produttore esecutivo del The Film Foundation, ha ribadito il valore del restaurare vecchi film e aggiunto l’importanza dei classici, nonostante si sia sempre in cerca di gemme perdute. Ned Price, a cui dobbiamo il prezioso restauro, parla delle difficoltà incontrate da Nicholas Ray nel dover utilizzare una pellicola che prediligeva tra i colori il rosso e un obiettivo adatto al nuovo Cinemascope, enfatizzando la sua abilità nel valorizzare il tutto a favore della riuscita del lungometraggio.

Alla piazza viene inoltre presentato in anteprima assoluta un corto della durata di tre minuti che riassume l’essenza della Cineteca, tra immagini e colori in movimento. Sentimentalmente parlando, resto sempre piacevolmente sorpresa quando mi si ricordano le cifre del repertorio di fotografie e di film muti, poiché mi viene da pensare che, come noi prima di imparare a leggere abbiamo passato le giornate a guardare le figure, così è stato per l’infanzia del cinema. Venendo all’evento della serata, lo schermo ospita Rebel Without A Cause (Gioventù bruciata, USA/1955). Arrivo quasi del tutto impreparata a questa “rassegna di rapporti malati”.

La pellicola presenta personaggi di vario genere, ognuno nato nel proprio contesto e per lo stesso motivo quasi sempre estraneo ad esso: i pacifisti nascono dove c’è guerra. Il protagonista Jim, interpretato da James Dean, ad esempio vive una situazione sulla lama del rasoio fra ciò che è sopportabile e ciò che disturba: la famiglia è composta da una madre che non ascolta, un padre assoggettato da quest’ultima a tal punto da impedirsi una propria qualsivoglia opinione. Inoltre, per quanto una suocera possa essere simpatica, tenerla in casa è un’esperienza che non consiglio a nessuno. Nonostante tutto, Jim riesce a uscirne dotato di una discreta maturità, interrotta di tanto in tanto dalla giustificabile confusione. Se il rosso scarlatto dell’abito di Judy, Natalie Wood, non fa scattare alcun colpo di fulmine da parte di Jim bene, io avrei reagito diversamente. D’altro canto era ubriaco. Lei è caratterizzata da un temperamento conflittuale, indecisa se scegliere tra la provocazione e la gentilezza per ottenere l’affetto tanto desiderato. A cercare un contatto con Jim è invece Platone, Sal Mineo, che nella gentilezza da lui dimostrata decide di riconoscere una figura paterna.

Judy è forse l’unico motivo che conduce Jim a un contatto con quello che entra in scena in gregge, con un look che sicuramente sarà stato tra i pensieri di Randal Kleiser intorno al 1978, ammassato su una sola auto per la prima volta nella serata e, nel suo genere, per l’ennesima nella vita: quel tipo di gruppo di ragazzi che sembra sempre essere uscito dal nulla. Arriva sempre quel momento in cui ci si chiede che cosa porti la gente a costringersi in situazioni tanto scomode. Una persona riassunta in un ruolo che dev’essere mantenuto. E quando lo status quo viene a mancare l’equilibrio cede. Qui inizia la storia.

Il tutto in una largamente apprezzata versione in lingua originale!

Eugenia Carraro